Matteo Garrone – Primo amore

Era il 2004 quando Matteo Garrone si mise dietro la macchina da presa per Primo amore, inquietante pellicola ispirata a Il cacciatore di anoressiche di Marco Mariolini. Prima di parlare del film è opportuno fare un passo indietro e concentrarsi sul libro, uscito a fine anni Novanta per una casa editrice lombarda, in cui Mariolini denunciava un suo grave disturbo, che lo portava a desiderare sessualmente donne magrissime.

Mariolini era un antiquario di un piccolo centro in provincia di Brescia: sposato e con due figli, dopo la separazione dalla moglie (a sua volta vittima della patologia del marito) l’uomo iniziò a cercare nuove compagnie femminili tramite degli annunci. A uno di questi rispose Monica Calò, nel testo chiamata Barbara, costretta da Mariolini a un importante dimagrimento. Alla presentazione del libro Mariolini si autodenunciò, definendosi un potenziale mostro e chiedendo di essere fermato prima che la sua malattia potesse provocare delle morti. Fu tutto inutile: circa un anno dopo, Mariolini uccise con una ventina di coltellate Monica, che nel frattempo lo aveva lasciato e si rifiutava di tornare con lui. Arrestato, il “cacciatore” fu condannato a trent’anni di carcere, pena che sta attualmente scontando.

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Primo amore di Garrone è ispirato proprio a questa vicenda: la sceneggiatura del film è stata scritta dal regista insieme a Vitaliano Trevisan (l’autore de I quindicimila passi), che in Primo amore interpreta Vittorio, il personaggio ispirato a Mariolini. La pellicola non è ambientata in Lombardia, ma in Veneto, a Vicenza (Trevisan è, tra l’altro, originario del vicentino), dove Vittorio lavora come orafo. Lì, grazie a un annuncio, conosce Sonia (Michela Cescon, David di Donatello per la migliore attrice non protagonista nel 2012 per Romanzo di una strage), ragazza intelligente e simpatica, ma con un unico difetto: pesa troppo. Troppo significa intorno ai 57 chili, un peso inaccettabile per Vittorio che la costringe a dimagrire.

Il rapporto tra i due è fin da subito molto strano: entrambi sono scettici circa le possibilità di riuscita della loro relazione, eppure si legano l’uno all’altra in modo morboso, incapaci di prendere strade diverse. In particolare, Sonia accetta spontaneamente di perdere peso: Vittorio è in cura poiché ossessionato dalle donne anoressiche, ma questo Sonia lo ignora e si sottopone a durissimi sacrifici alimentari come atto d’amore nei confronti del compagno. Quando la coppia va a vivere insieme, poi, la situazione diventa insostenibile: Vittorio controlla ogni pasto di Sonia, sospetta che la donna mangi di nascosto e, per questo, le nasconde il cibo, concedendole al massimo qualche insalata. Il dimagrimento inizia ad avere delle ripercussioni negative su Sonia, sul suo modo di vedersi e, soprattutto, sulla sua salute. La ragazza non si piace e la storia con Vittorio inizia a trasformarsi in un vero e proprio incubo.

Primo amore era un film difficile, da proporre, girare e soprattutto raccontare con la giusta sensibilità: Vittorio/Marco è un mostro, ma è anche vittima di sé stesso e della sua grave patologia, consapevole della sua pericolosità eppure incapace di trovarvi una soluzione. Gli stessi psichiatri non riescono a comprendere pienamente la parafilia del protagonista, continuamente scisso tra la “testa” e il “corpo” (dove c’è uno non c’è l’altra e viceversa), perché per Vittorio le donne o sono “belle” (ossia anoressiche), ma caratterialmente difficili proprio a causa dei loro disturbi, o sono capaci, intelligenti, piacevoli, ma allora sono troppo grasse. Sonia è la compagna ideale, proprio perché ha la testa, e il corpo, sebbene non perfetto, può essere plasmato da Vittorio. E la donna prende davvero la forma voluta dall’uomo, come quelle scheletriche statuine in oro che egli è solito forgiare (e che nessun collega vuole acquistare e vendere): è chiaro, però, che non sempre è dato sapere quanto una materia sia manipolabile e se, a forza di lavorarla, sia destinata a deteriorarsi irrimediabilmente.

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