Antonio Pagliaro – Il bacio della bielorussa

Dove abita il male? In nessun luogo di preciso, ovvero ovunque: nessun confine regionale o nazionale riesce a contenerlo e neppure l’etichetta di “mafia” riesce a darne una definizione esaustiva. Ciò che ti colpisce nel Il bacio della bielorussa, noir di Antonio Pagliaro, palermitano classe 1968, è proprio l’impossibilità di individuare una patria e una causa precisa al crimine: non è un caso che nelle prime pagine ti trovi nella piovosa e disciplinata Utrecht, con due cadaveri in un canale, e vai a finire all’assolata e caotica Palermo, passando per il Lussemburgo e sfiorando la Bielorussia.

L’indagine della polizia olandese porta a Ludmilla Zamiatenko, bellissima bielorussa amante di Gianluigi Sanfilippo, un uomo politico siciliano, destinato ad essere ucciso da un killer della mafia, i cui legami con una potente organizzazione criminale vengono presto alla scoperto. Il classico intrigo internazionale dunque, dai contorni mai del tutto chiariti. I burattinai, vestiti da massoni, sono poco più che nomi e i loro moventi costituiscono un groviglio inestricabile di perversione sessuale, ambizione ed avidità. Se i malvagi non hanno volto e si celano nei dintorni del Palazzo, chi dovrebbe fronteggiarli, l’ispettore olandese van den Bovemkamp e il collega italiano, il tenente Cascioferro (già presente in altri libri di Pagliaro), hanno armi spuntate dalla coscienza di essere il classico vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro. Gioca un ruolo importante nell’intreccio persino un soldato di Cosa Nostra, Franz la Fata, che, folgorato dall’amore di una bella scrittrice dagli occhi malinconici, Gaia, figlia del politico assassinato, racconta la sua ribellione alla “Famiglia” in prima persona con l’italiano creativo nelle sgrammaticature di un discendente del popolo analfabeta di Verga. Ma deus ex macchina della trama è lo scrittore stesso, fedele alla lezione dei maestri del noir, Crumley e Leonard, con la sua rinuncia alla libertà di un’interpretazione dei fatti: qui però il tributo alla tradizione, hai l’impressione, non è una questione di stile o non è esclusivamente questo.

L’effetto su chi legge è di una resa alla brutalità di un reale ormai immodificabile, a tal punto si è ramificato geograficamente e negli animi. Compito dello scrittore è verbalizzarne azioni e dialoghi, senza aggiungere neppure una virgola. Non c’è catarsi in nessun luogo e per nessuno, nemmeno nella letteratura depauperata chiamata a rappresentarlo: il crimine ha omologato animi e Paesi. O si è forti o si è deboli: non c’è altro modo di stare al mondo che non il far torto o patirlo.

ISBN
9788860887474
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