Paolo Cognetti – A pesca nelle pozze più profonde

Che cosa si perdono il lettore e l’editoria italiana emarginando il racconto, lo spiega e lo fa, bisogna aggiungere con leggerezza, Paolo Cognetti nel saggio A pesca nelle pozze più profonde, che ha come sottotitolo Meditazione sull’arte di scrivere racconti.

In primo luogo emerge nel breve saggio la convinzione dell’autore che la storia breve pretenda e conceda molto più del romanzo sia a colui che la scrive, sia a colui che la legge: il primo deve estrapolare appena un frammento di una realtà conosciuta e compresa solo parzialmente, dal lettore si esige l’immersione subacquea per esplorare il fondale della pozza profonda là dove si cela, invisibile a occhio nudo, la vita vera, quel materiale umano e paesaggistico, in cui pesca la canna/ penna dello scrittore/pescatore. Sono molte le metafore e le citazioni dei grandi del racconto statunitense, da Poe, a Carver e Salinger, utilizzate da Cognetti per mettere in evidenza quanto l’anima di un racconto stia nella sua incompletezza e nell’omissione: l’immagine dell’iceberg tratta da Hemingway, di cui solo un quarto galleggia sulla superficie dell’acqua mentre per sette ottavi resta sommerso, è la teoria che spiega la differenza fra ciò che lo scrittore mostra e ciò che lo scrittore sa. Il romanzo basta leggerlo per carpirne il messaggio o la sua voluta assenza, il racconto invece poggia su una verità segreta, che si rivela come un’epifania, una folgorazione improvvisa, uno squarcio di luce, prima che su una data realtà cali il buio.

Da lì però lo stupore, la meraviglia, il disseppellimento di una parte di sé ancora celata: è questa propensione alla meraviglia, all’ebbrezza di « raccontare una storia come se fossi il primo in questo mondo a farlo». L’ingenuità dell’emozione è il senso rintracciabile in molta narrativa: è la chiave di lettura per Il grande Gatsby di Fitzgerald, un classico delle letteratura americana, l’ossessione del cui protagonista non è l’amore di gioventù, bensì proprio il desiderio di provare «la meraviglia che si prova di fronte a una terra selvaggia». Se dunque la narrazione lunga stimola e ha come intento un’analisi razionale, quella breve ha invece la radice nell’emozione e dunque anche nel rapporto amoroso che lega lo scrittore ai personaggi dei suoi racconti nei quali egli infonde molto di sé: non è un caso che le maggiori autrici siano donne, Paley, Alice Munro, Flannery O’ Connor, e che egli concluda il suo saggio facendo rivivere brevemente Sofia, il personaggio di un suo romanzo, diventata «la sua fidanzata immaginaria».

ISBN
9788875215941
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