Clint Eastwood – Gli spietati

Il film che ha definitivamente lanciato la carriera del Clint Eastwood regista è senza dubbio Gli spietati (1992). E non è un caso che si tratti di un western. La pellicola, esplicitamente dedicata a Sergio Leone e Don Siegel, è la perfetta chiusura del cerchio, un ritorno alle origini (il pistolero, il giustiziere dai modi spicci) che, tuttavia, segna anche la distanza dal passato.

La storia, basata su una sceneggiatura di David Webb Peoples del 1976, è quanto di più classico si possa immaginare. Siamo nel 1880, a Big Whiskey, Wyoming. Alcune prostitute mettono una taglia sulla testa dell’uomo che ha sfregiato una di loro. I 1.000 dollari attirano, tra gli altri, William Munny (Eastwood), un ex fuorilegge. Munny fa l’allevatore in Kansas, deve crescere due bambini (la moglie è morta da tempo): le ristrettezze economiche, insomma, gli impongono di ritornare ad impugnare una pistola. Accanto a lui, nell’impresa, l’amico di sempre Ned Logan (Morgan Freeman) e il più giovane Kid Schofield (Jaimz Woolvett).

Il punto, però, è che lo sceriffo di Big Whiskey, Little Bill (Jene Hackman), non gradisce che i cacciatori di taglie agitino la sua città: uno di questi, Bob l’Inglese (Richard Harris), finisce pestato a sangue e imprigionato. La stessa sorte tocca a Ned, dopo che Munny e Kid sono riusciti a vendicare la prostituta: solo che l’uomo, a suon di botte, ci rimette la vita. Ancora una volta, a William tocca una scelta durissima: andare contro i propri principi e adoperare la violenza per vendicare l’amico.

Con Gli spietati, insomma, Eastwood da un lato intraprende un discorso sulla violenza, sul suo essere da sempre parte integrante del tessuto socioculturale americano, e dall’altro si diverte a demistificare l’epopea western. Evidente, in questo, il ruolo giocato dal biografo di Bob l’Inglese, una patetica macchietta che abbellisce (leggi: gonfia a dismisura) le imprese del suo committente. Anche il confronto tra Munny e Little Bill va in questa direzione: ne Gli spietati, uomini di legge e pistoleri sono sullo stesso piano di a-moralità, adoperano la violenza in modo sadico (Munny ha alle spalle un passato di terribili massacri), al di là del fatto che uno si faccia scudo con una stelletta e l’altro con la necessità materiale e l’indigenza.

Eastwood adopera un registro classico che va oltre la classicità; pennella una storia “romantica” ma senza nostalgia, crepuscolare e quasi fantasmatica (Munny è la vendetta che torna dal passato), ma al tempo stesso moderna, anzi a-temporale. Eastwood non è simile a nessuno, fa storia a sé: in questo sta la forza del suo cinema, che si configura sempre più come momento etico ed estetico cruciale per la settima arte.

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