Walter Siti – Il contagio

Il caos multiforme delle borgate romane è il protagonista de Il contagio di Walter Siti, un caos che si traduce in una narrazione frastagliata, che mescola fiction, reportage, saggio e quant’altro in un brulicare di contraddizioni e spunti irrisolti. Intorno ad un palazzo di via Vermeer, si snodano le esistenze ai margini di Marcello, Chiara, Gianfranco, Mauro, Bruno, Flaminia, Sergetto e via di seguito, una galleria di personaggi tesi a sublimare con l’uso e abuso di droga e sesso un’innata mancanza di futuro. Siti si aggira per gli appartamentini popolari, per gli ampi spazi aperti della borgata, registra tic, vizi, tenerezze e cinismi da strada: la sua scrittura accumula forsennatamente, offre parecchio materiale alla riflessione, ma è incapace di tirare una riga e fare un bilancio, di fornire una visione d’insieme. Rimane schiacciata su una contingenza intellettuale soffocante, si chiude e smarrisce il proprio senso, la sua stessa ragione di esistere: l’elaborazione, non la mera trascrizione.

L’irresolutezza, del resto, è insita nelle parabole dei borgatari, gente che campa divorando il presente, senza codici morali (o meglio, con un codice morale tutto suo), perfettamente a proprio agio nella moderna società liquida, nella quale la prospettiva è tanto concentrata sul momento da rendere difficile persino l’ipotesi di un orizzonte futuro. In questo senso, dice Siti, la cultura delle borgate sta contagiando quella borghese: la borghesia si sta “imborgatando”, e per questo erige la delinquenza, l’infrazione alle norme, a sistema di vita, e la droga a doping per stare al passo dei sogni di gloria, delle manie di grandezza alimentate dal trionfo della società dei consumi. Anche il romanzo di Siti, però, è vittima di un contagio: il dialetto contamina l’italiano, l’indagine e la speculazione abbozzano traiettorie onnicomprensive per poi concludersi in un nulla di fatto, come consapevoli dell’inutilità della loro missione.

Per questo è nella prima parte che il libro funziona meglio, quando i colori, gli aromi, la disperazione e l’ordinario marciume dei borgatari di via Vermeer rubano spazio ad ogni ambizione letteraria, si offrono per un consumo immediato e immemore. Ovvio pure, però, che costruire un libro tutto così non si può. Scatta allora una seconda parte e poi una terza: emergono nuovi personaggi, di alcuni dei vecchi si racconta la squallida “evoluzione” (in realtà un restar fermi correndo), il discorso si allarga agli immigrati, tocca la sociologia e accentua l’introspezione psicologica tramite la figura del Professore, un anziano borghese omosessuale che aveva Marcello come amante. Niente però che dia alla fine un senso a questo stillicidio di degrado e brutture, e niente che giustifichi il fare di questo stillicidio un libro.

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie