David Cronenberg – Inseparabili

La bellezza interiore – in senso letterale: in Inseparabili di David Cronenberg non si parla di anima, ma di anatomia, di polmoni, cuore, fegato. «Dovrebbero fare dei corsi di bellezza per l’interno dei corpi», dice Elliot Mantle alla (etimologicamente) “mostruosa” Claire: «La milza migliore, i reni meglio sviluppati». Elliot, ginecologo come il gemello Beverly, parla insomma di «un’ideale di bellezza per l’intero corpo», al quale, però, Claire appunto non corrisponde: il suo utero è “triforcuto”, una malformazione che le impedisce di avere dei figli e la rende affascinante agli occhi dei due, facendo innamorare Beverly.

Inseparabili nell’inglese è Dead ringers: il titolo scelto da Cronenberg significa “sosia”, ma ha quel rafforzativo (“dead”) che sintetizza il senso di morte che aleggia su tutta la pellicola. Beverly e Elliot sono identici nell’aspetto ma diversi (spiritualmente) “dentro”: tanto il primo è sensibile, malinconico, quanto il secondo è mondano, brillante, cinico. Con Claire i due stimati ginecologi applicano il solito giochino: se la scambiano senza dirle nulla, contando proprio sulla loro indistinguibilità. Il loro legame è profondissimo, apparentemente inscalfibile: complici, si raccontano tutto, al punto tale che la parola diventa veicolo di esperienza («non hai mai scopato con Claire se non ne parli con me», Elliot a Bev).

Claire è il corpo estraneo, l’agente virale (frequente nel cinema di Cronenberg) che spezza il legame tra i due: prima lo allenta poi lo conduce all’esplosione. I fratelli scivolano in un autoesilio fatto di droghe di tutti i tipi e disperazione: Beverly, geloso e incapace di gestire la relazione, inizia a ingurgitare pillole di tutti i tipi, e Elliot, per mettersi in sintonia con lui e curarlo, si trasforma anch’egli in tossico. L’epilogo (ispirato ad un fatto vero) li vede spegnersi l’uno nelle braccia dell’altro, fissando sullo schermo l’immagine di una nuova Pietà di Michelangelo.

Inseparabili mantiene dunque l’impianto melodrammatico de La mosca: anche qui, in fondo, si parla di un amore impossibile, quell’aspirazione a diventare “uno” (Beverly e Claire) frustrata dall’impossibilità biologica (Claire è sterile) e da un cupo senso di predestinazione. La macchina da presa di Cronenberg scivola sublime sulla superficie grigiastra e priva di calore dei corpi, ma allude comunque sempre ad un’interiorità oscura, terribile, mortuaria (la scena dell’operazione, con i chiurghi-officianti rossovestiti) e, ovviamente, infilmabile. Un capolavoro assoluto, nobilitato anche dalla performance stupefacente di Jeremy Irons, nei panni doppi di Beverly/Elliot.

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