Robert Altman – M.A.S.H.

M A.S.H., ovvero Mobile Army Surgical Hospital, una sorta di unità chirurgica impiegata durante la guerra, istituita nel 1945 e disattivata in modo definitivo pochi anni fa.

Quella di Robert Altman è una commedia dai toni grotteschi, ambientata in un campo militare USA durante la guerra di Corea (1950-1953), con protagonisti tre ufficiali chirurghi, competenti ma poco propensi alla disciplina, fautori di scherzi ai danni dei colleghi e sempre pronti quando si tratta di donne e intrallazzi amorosi. Dopo averne combinate di tutti i colori, vengono messi sotto inchiesta, ma riescono a farla franca vincendo, in modo non del tutto onesto, una partita di rugby.

Uno dei punti di forza del film risiede senza dubbio nella capacità del regista di creare delle situazioni di recitazione ottimali, in modo che gli attori si sentano liberi di improvvisare, offrendo un’impronta caratteristica e individuale al proprio personaggio. La scelta non incontra immediatamente l’entusiasmo di tutto il cast, in particolare di Elliott Gould (che reciterà per Altman anche ne Il lungo addio del 1973) e Donald Sutherland, preoccupati che l’assenza di indicazioni precise potesse in qualche modo influire sul valore delle loro performances. In realtà, M.A.S.H. fu un enorme successo commerciale, vincendo l’Oscar per la «Migliore sceneggiatura non originale» (il soggetto della pellicola è tratto dal romanzo di Richard Hooker) e la Palma d’oro a Cannes. Dopo l’uscita del film, venne prodotta dal 1972 al 1983 un’omonima serie televisiva.

M.A.S.H. altro non è che un messaggio di disprezzo nei confronti della guerra, espresso con ironia e con il rifiuto di qualsiasi forma di regolamento. Altman fonde elementi del reale con situazioni surreali, adoperando la satira come strumento principale e realizzando un prodotto di alta qualità formale. Un ottimo risultato per un regista non sempre apprezzato e compreso dal grande pubblico: al contrario, con M.A.S.H. riesce a ottenere quella visibilità per anni negata, replicata cinque anni dopo con Nashville. Negli anni Ottanta i suoi lavori faticano a decollare, ed è solo negli ultimi tempi, fino alla morte avvenuta nel 2006, che egli conosce un nuovo periodo d’oro: oltre a I protagonisti, ricordiamo America oggi (vincitore del Leone d’oro a Venezia nel 1993, ex aequo con Tre colori: film blu, primo capitolo della trilogia di Krzysztof Kieślowski dedicata ai tre colori della bandiera francese), Prêt-à-Porter (1994) e Radio America (2006).

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