Alfred Hitchcock – Io confesso. Conversazioni sul cinema allo stato puro

Il “cinema allo stato puro” cui allude il sottotitolo di questo volume curato da Sidney Gottlieb è, nelle parole di Alfred Hitchcock, «il modo in cui si mette insieme un film per creare un’emozione». Per il regista inglese il segreto della settima arte è tutto lì, nel modo in cui i pezzi di pellicola vengono uniti per generare il racconto, l’illusione della realtà. L’obiettivo di questo assemblaggio è, ça va sans dire, «suscitare la paura». Quello che questa raccolta di interviste pubblicata da Minimum Fax restituisce è, lontano da ogni snobismo, l’immagine di un cineasta non solo attento, ma anche profondo conoscitore della psicologia del pubblico. Con gli spettatori, Hitch scherza, ma senza imbrogli: «fornire loro tutte le informazioni e poi farli sudare» è il comandamento. Tutto è studiato nei minimi dettagli: dalla scenografia al cast, il cinema dell’inglese è un’orchestrazione complessa mossa da un’ideale di suspense anche questo “purissimo”.

Io confesso aiuta tanto il cinefilo incallito quanto lo spettatore alle prime armi a fissare alcuni punti fermi nella geografia etico-estetica del “Maestro del Brivido”. Il rapporto con le star (e le attrici), la scrittura di soggetto e sceneggiatura, la scelta degli ambienti, la “teoria dell’autore”, le tecniche di ripresa, i processi produttivi: c’è tanta carne al fuoco qui, non intossicata, per fortuna, dal fumo nell’aneddotica più trita, sempre in agguato quando si parla di Hitchcock. Non che manchino gli episodi divertenti, beninteso: il regista di Pyscho e La donna che visse due volte ne era una fucina inesauribile (memorabile lo scherzo dell’ascensore); essi, tuttavia, non rappresentano il motivo di interesse primario o esclusivo della lettura. Gottlieb ha scelto correttamente di privilegiare le interviste meno note e più difficili da reperire, curandosi però di abbracciare l’intero arco di produzione cinematografica di Hitchcock. Se ne ricavano, perciò, oltre ad una quantità di spunti di riflessione importanti su una serie di questioni dirimenti (per esempio il passaggio dal muto al sonoro, il rapporto tra regista e produttore e quello di un autore con generi diversi), anche tutta una serie d’informazioni “indirette” che consentono di inquadrare Hitchcock sotto una luce diversa. L’intervista, come genere letterario, ben si presta, infatti, a “rivelare” il soggetto protagonista anche in modo non esplicito.

Io confesso, dunque, ha un valore che supera il mero contenuto informativo. Certo, il testo fondamentale per conoscere Hitch rimane sempre la celebre chiacchierata con Truffaut (Il cinema secondo Hitchcock, ancora Minimum Fax), ma il volume di Gottlieb rappresenta comunque un ottimo compendio delle ossessioni di uno dei più grandi registi di sempre.

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