Virginia Woolf – Sul cinema

Sul cinema è un libricino pubblicato da Mimesis che raccoglie due saggi di Virgina Woolf: Il cinema, apparso per la prima volta nel 1926 sulla rivista «Arts», e The craftmanship, titolo di un suo intervento ad un programma televisivo del 1937.

L’attualizzazione degli scrittori e dei loro pensieri è spesso un rischio, ma in questo caso si tratta di leggere le parole della Woolf e sentirle ancora vive. Le impalpabili visioni generate dalla sua prosa si accompagnano qui ad un’acuta analisi del proprio tempo. Nel primo saggio sollecita il cinema, legato ancora quasi esclusivamente ai materali letterari, a fuggire «tutto ciò – che è accessibile alle parole e solo alle parole –». Nonostante la Woolf non possa immaginare con certezza il futuro di quest’arte che, «concepita completamente abbigliata, è in grado di dire tutto prima che abbia qualcosa da dire», si rende conto della grande ricchezza e potenzialità che i cineasti avrebbero avuto a disposizione, qualora fossero riusciti a trovare nuovi simboli, nuove immagini per rendere visibili i pensieri non ancora espressi a parole.

E proprio le parole sono il soggetto del secondo saggio. «Quelle piccole disgraziate» hanno due caratteristiche fondamentali: non fanno mai niente di utile (la loro natura è infatti di voler dire più cose insieme, nascondendo sempre dietro un significato superficiale molte altre possibilità e suggestioni) e sono più vere di ogni altra cosa (perché se la durata della vita è l’unica prova di verità, esse sono «sopravvissute ai colpi e ai cambiamenti del tempo più a lungo di qualsiasi altra sostanza»). Da queste due certezze si sviluppa quella che la Woolf chiama «passeggiata intorno alle parole». In attesa di una lingua nuova, da sostituire ad un inglese ormai troppo vecchio, è necessario utilizzare quella che si ha a disposizione. Si tratta di lasciare libere quelle parole che, lontane dai vocabolari, si comportano come «gli esseri umani, oscillando di qua e di là, innamorandosi ed accoppiandosi». La loro natura, per la Woolf, risiede nel cambiamento, perché soltanto «facendosi esse stesse sfaccettate» possono trasmettere quella verità mutevole che provano ad afferrare.

I due scritti partono da lontano per spingersi oltre il loro presente. La Woolf riflette su questioni che nei decenni successivi sarebbero state al centro del dibattito culturale. Le immagini e le parole sono gli strumenti necessari per avviare quel processo creativo, che, grazie all’immaginazione, diventa il presupposto per la conoscenza stessa. E la Woolf, con questi saggi, ce ne dà la prova.

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