UFO – Seven deadly

Quando parliamo di UFO, non parliamo di dischi volanti, alieni e quant’altro possa suggerire solo superficialmente il nome in questione. Qui l’argomento è un altro, ovvero l’hard-rock nella sua massima purezza. Phil Mogg e Pete Way, le colonne portanti della band inglese (rispettivamente vocalist e bassista), hanno saputo traghettare il gruppo oltre qualsiasi moda e tendenza, a riprova di una coerenza quasi ostinata. Sarebbero tanti gli aggettivi da spendere per qualificare la forza creativa della loro musica, possente, epica, granitica e stilisticamente libera da certi orpelli blues contro i quali spesso l’hard-rock è andato a sbattere con troppa, prevedibile facilità. Sin dagli inizi, gli UFO hanno contribuito a forgiare quello che sarebbe diventato l’heavy-metal degli anni Ottanta, influenzando band quali Diamond Head e Iron Maiden. Album come Phenomenon (1974), Force it (1975), Lights out (1977) e Strangers in the night (1979) sono tra le migliori pagine musicali che il Regno Unito abbia saputo sfornare in quell’ambito, anche grazie al geniale ed estroso Michael Schenker, chitarrista del periodo d’oro del combo.

Rispetto a quell’era, le cose sono completamente cambiate. La stessa line-up non include nemmeno più Way, estromesso definitivamente dalla band per problemi di alcool, e a livello compositivo il timone è affidato al sempre arzillo Mogg, al tastierista-chitarrista Paul Raymond (altro pilastro fondamentale dell’epoca dei grandi successi) e al chitarrista americano Vinnie Moore, diventato negli ultimi anni una figura praticamente praticamente stabile.

Le canzoni di Seven deadly, ventunesimo album in studio della formazione, sono confezionate con la solita professionalità che si traduce nella cura di ogni minimo dettaglio, di ogni piccola sfumatura, anche negli arrangiamenti. Malgrado ciò, tranne pochi momenti davvero irresistibili come Steal yourself, Mojo town e Fight night (dove brilla l’ugola graffiante del frontman), le canzoni si attestano su un livello qualitativo abbastanza standard. Stavolta, rispetto ad altri episodi anche recenti nella carriera della band, Moore appare più smarrito ed impersonale del solito, finendo così spesso per macinare alcuni tra i riff più ordinari che il genere possa offrire, sempre a metà strada tra AC/DC e Rolling Stones.

Appare evidente come senza Schenker o le influenze 80s della fase con Paul Chapman, gli UFO non abbiano più guizzi da esibire. Nonostante una manciata di canzoni divertenti, Seven deadly suona troppo prevedibile. La loro rimane una vecchiaia dignitosa, che merita tutto il nostro rispetto: ma se cercate qualcosa che duri più di una semplice stagione, forse è il caso di rivolgersi altrove.

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