Alexander Payne – Paradiso amaro

Fa un po’ tenerezza il George Clooney di Paradiso amaro. Il sex-symbol hollywoodiano, playboy impenitente nonché eterno “scapolo più ambito”, ce lo ritroviamo, nel film di Alexander Payne, nei panni di un ingrigito e spettinato padre di famiglia, tradito dalla moglie (in coma a seguito di un grave incidente) e alle prese con le difficoltà di crescere le figlie di 10 e 17 anni. Non è esattamente una novità per l’attore e regista americano: nel corso di una carriera sempre più interessante, Clooney s’è in effetti sempre tenuto lontano dall’immagine stereotipata del “bello e impossibile”, puntando invece sull’impegno civile (Syriana, Good Night and Good Luck, Michael Clayton, Le idi di marzo). In The Descentants (questo il titolo originale), l’ambientazione hawaiana fa da sfondo ad un dramma che si tinge di commedia e si mescola al road movie, secondo una formula che Payne aveva già sperimentato con successo in A proposito di Schmidt (2002) e soprattutto in Sideways (2007). In linea con le precedenti produzioni, il cineasta (americano di nascita, ma greco d’origine) si concentra su figure di uomini comuni il cui mondo crolla improvvisamente in frantumi.

Matt King (Clooney) è un avvocato hawaiano nonché amministratore unico di 25.000 acri di terra incontaminata che, causa la legislazione dell’arcipelago, dovrà essere venduta. La sua esistenza è minata da una tragedia: la moglie, Elizabeth, è entrata in coma dopo esser stata sbalzata fuori da un motoscafo. L’impossibilità che la donna possa risvegliarsi costringe Matt, sino a quel momento marito e padre assente, a recuperare il rapporto con le figlie, in special modo con la maggiore, Alexandra (Shailene Woodley), la quale si trascina dentro un segreto: il tradimento che Elizabeth ha consumato ai datti di Matt con Brian Speer (Matthew Lillard), agente immobiliare e cognato dell’acquirente designato del lotto di terra della famiglia King.

Tratto dal romanzo di Kaui Hart Hemmings, Eredi di un mondo sbagliato (pubblicato in Italia da Newton Compton nel 2007), la pellicola di Payne racconta nel solito stile tenue e pacato del regista una storia di crescita e formazione, in cui il viaggio per comunicare a parenti e amici la notizia della morte imminente di Elizabeth (la donna nel testamento aveva espresso la volontà di non esser tenuta in vita in caso di coma) e soprattutto per rintracciare Speer, diventa occasione di confronto inter-generazionale e col proprio passato. Matt acquisisce consapevolezza dei propri errori, impara a esternare la sua rabbia, i suoi reali sentimenti, e alla fine non solo riesce e a perdonare la consorte, ma rifiuta, nel segno di una riscoperta delle proprie origini, di vendere la terra ereditata dagli avi.

Paradiso amaro è un film delicato e commovente, meno brillante di Sideways e con qualche lungaggine di troppo, ma comunque ben fatto, che conferma il talento di Payne nel raccontare piccoli e grandi drammi di esistenze qualunque che trovano il riscatto a seguito di un doloroso percorso interiore. L’ottima prova di Clooney, interprete (e filmmaker) sempre più raffinato, e della Woodley sono la ciliegina sulla torta di una pellicola non così lodevole come le cinque nomination all’Oscar (compresa quella per “Miglior film”) lascerebbero pensare, ma neppure da buttar via.

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