Peter Stebbings – Defendor

Ad Hollywood i supereroi vanno di moda, si sa. Anche quelli non troppo “normali”. Negli ultimi anni, accanto al filone dedicato ai vari Marvell-heroes (Spiderman, Hulk, Superman, X-Man, Thor e quant’altro) o alla nuova saga di Batman firmata Christopher Nolan, s’è infatti sviluppato un sottogenere incentrato su una serie di giustizieri mascherati “fai da te”. Questi strampalati anti-eroi (esistono sul serio: date un’occhiata a www.worldsuperheroregistry.com), bardati in modo grottesco ed equipaggiati anche peggio, non sono provvisti di alcuna dote sovrannaturale: sono umani come noi. Oltre alla buona volontà, alla testardaggine e a un candore disarmante, i paladini di Kick ass (Matthew Vaughn, 2010), Super (James Gunn, 2010) e, per l’appunto, Defendor, hanno poco altro da offrire.

Prendiamo proprio Arthur Poppington, protagonista della pellicola di Peter Stebbings. Abbandonato dalla madre prostituta e tossicodipendente quando era piccolo, Arthur, sorta di Forrest Gump in calzamaglia, gira di notte armato di biglie e altri ammennicoli casalinghi alla ricerca del misterioso Capitan Industria. Secondo Stebbings, Capitan Industria è il responsabile della morte della madre, oltre che dei traffici criminali in città. Si tratta, però, di un colossale equivoco, nato dalla storpiatura di un’espressione che il nonno aveva usato per indicare i responsabili della fine della giovane donna («sono stati i capitani d’industria», aveva detto, riferendosi a chi le aveva fornito la droga). Poco importa, però: aiutato da una ragazza, Kat, anch’ella dedita al marciapiede, e dal buon Paul (il capo del cantiere in cui Poppington lavora), Defendor riuscirà sul serio a metter le mani su uno spietato criminale e a consegnarlo alla giustizia. Il prezzo, però, sarà altissimo. Perché questo buffo e stralunato ometto, contrariamente a quanto pensa, non è immune alle pallottole e la vita reale non è una sequenza di vignette in bello stile in cui il buono, alla fine, torna sano e salvo a casa. In fondo, Defendor è una parabola tragicomica sul sacrificio, sull’eroismo dell’uomo comune, la cui morale sembra essere che solo i puri di cuore possono inseguire e realizzare concretamente, sino alle estreme conseguenze, un’ideale di giustizia incontaminato.

Un film ben scritto, ben girato, in grado di far sorridere e commuovere, nobilitato dalla straordinaria interpretazione di un Woody Harrelson misurato e proprio per questo credibilissimo.

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