Bon Iver – Bon Iver

Bon Iver, ovvero “bon hiver”, “buon inverno” in francese: Justin Vernon non poteva scegliere monicker (seppur storpiato) più adatto per il proprio progetto artistico. Perché la sua musica estiva certo non lo è mai stata. Anzi. Le ballad di For Emma forever ago, l’album con cui il nostro nel 2008 fece irruzione sulla scena alt-folk, mettevano in luce uno spirito incline alla malinconia, alla contemplazione solitaria di panorami nebbiosi, spettrali. Altro che solleone. Del resto, il disco nasceva (neanche a dirlo) da un periodo difficile per il songwriter di Eau Claire, Winsconsin, segnato dallo scioglimento della sua band (i DeYarmond Edison) e da una delusione amorosa. Da qui la decisione di ritirarsi per ben quattro mesi in una baita nei boschi, dove concepì le nove tracce del debutto.

Il suo successore, questo Bon Iver, mescola un po’ le carte in tavola. Se lo spirito è sempre quello del fragile e smarrito sognatore, ad esser mutati sono gli ingredienti del mix. Il nuovo LP, infatti, apre abbondantemente a sintetizzatori, tastiere, archi, loop, riverberi e distorsioni, amalgamando Iron & Wine e Bonnie Prince Billy (i numi tutelari di Emma…) con Peter Gabriel e Sigur Ròs. Il rischio-pasticcio era grosso: l’americano, tuttavia, ha scansato il periocolo alla grande, confezionando un album di grande spessore che non ne snatura lo stile, semplicemente lo veste di abiti nuovi.

Evidente l’importanza, nell’economia dei brani, dell’apporto di musicisti del calibro di Greg Leisz, Colin Stetson, Mike Lewis e Carmen Camerieri (tromba, corno), i quali si affiancano ai fidi Michael Noyce, Sean Carey e Matthew McCaughan, “diretti” da Rob Moose, co-autore, assieme allo stesso Iver, degli arrangiamenti. Un combo rigoglioso, insomma, capace di cesellare gli affreschi estatici di Holocene e Hinnom, TX, la ninna-nanna di Michicant, il soul minimalista di Wash, Calgary (in bilico tra acquerelli sintetici, esplosioni ritmiche e chitarre sporche) e la ballad romantica di Beth/rest (con tanto d’autotune e strizzata d’occhio a Kanye West) senza eccedere mai, lavorando di fioretto.

Inciso in un ex clinica veterinaria di Fall Creek, Winsconsin, che Vernon e suo fratello hanno acquistato col preciso intento di farne uno studio di registrazione, Bon Iver è, ad oggi, il lavoro migliore del songwriter americano, un disco in grado di assorbire umori e stili diversi e di bilanciarli in maniera perfetta. Fossero tutte così le prossime uscite, l’inverno non potrebbe che essere “bon”…

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie