Paul Haggis – The next three days

Dopo Crash – Contatto fisico e Nella valle di Elah, Paul Haggis, sceneggiatore di gran pregio (ha firmato, tra gli altri, lo script dell’eastwoodiano Million dollar baby), ritorna dietro la macchina da presa, misurandosi stavolta con un remake. The next three days, infatti, è il rifacimento del francese Pour elle, di Fred Cavayé (2008), con Diane Kruger. Nella versione di Haggis, protagonista è John Brennan (Russel Crowe), professore di liceo che vede la propria vita andare in frantumi da un momento all’altro: la moglie Lara (Elizabeth Banks) viene accusata dell’omicidio del proprio capo e quindi arrestata, processata e condannata. Quando anche l’ultima possibilità di ottenere giustizia (il ricorso in appello) si rivela vana, il nostro decide di agire: organizza un’evasione. Il piano è semplice: falsificare i dati degli esami clinici per far sì che la consorte sia trasferita in un ospedale e, da lì, “prelevarla” per fuggire assieme al figlioletto Luke (Ty Simpkins).

Haggis è un cineasta attento ai dettagli, alle psicologie dei personaggi, uno col gusto del racconto; tuttavia, qui non riesce ad evitare completamente le insidie e gli stereotipi del genere action. The next three days non ha la forza dirompente delle sue precedenti prove, ma è comunque un buon film, il cui centro focale, a ben vedere, non è la messa in pratica del piano architettato dal protagonista per la fuga della moglie, quanto piuttosto quella dualità d’animo che lo contraddistingue. Il mite professore interpretato da Crowe, infatti, impara a scassinare serrature, contraffare dati, incendiare, sparare. Uccidere. Da perfetto everyman si trasforma in perfetto criminale – il tutto per ricostruire quell’unione familiare andata perduta. Ovviamente, essendo Haggis un filmmaker problematico e non incline all’idillio, la ricomposizione è per forza di cose dolorosa: il finale, con l’obiettivo che stringe sui volti di Lara e Luke (che dormono, ormai in salvo) “escludendo” John, testimonia l’impossibilità di ristabilire una reale unità. Certe azioni, è l’implicito, lasciano un segno che non si può cancellare.

Un equilibrio precario tiene insieme il mondo di Haggis; la normalità borghese va facilmente in frantumi – basta un bottone che, in uno scontro fortuito, s’impiglia e cade in un tombino (è l’indizio che condanna Laura). E quando ciò accade, le conseguenze, anche per le nature più miti, sono imprevedibili. Al termine dei “tre giorni” cui allude il titolo, Paul avrà dimostrato alla moglie di essere tutto meno che uno che un irresoluto, uno che vive in un mondo tutto suo. Con buona pace dell’happy end.

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