Chiunque non abbia ancora visto The social network, nel sentirlo nominare potrebbe pensare ad un film centrato sul “fenomeno Facebook”, il social network che dal 2004 (anno della sua fondazione) ad oggi conta ben 500 milioni di utenti in tutto il mondo. Le cose non stanno così, perché il regista è David Fincher e David Fincher non è un regista qualunque. A lui e allo sceneggiatore Aaron Sorkin (che ha scritto il copione a partire dal best seller di Ben Mezrich, Miliardari per caso) di Facebook in sé interessa davvero poco. Sotto la lente d’ingrandimento c’è piuttosto il suo fondatore, Mark Zuckerberg, che a soli ventisei anni è a capo di una società il cui valore si aggira intorno ai 25 miliardi di dollari.
Come molti eroi fincheriani, Mark è un ossessionato. La molla del suo agire è un misto di ambizione e desiderio di rivalsa personale e sociale. Un giorno, lo squattrinato, “nerd” e arrogante studente di Harvard viene piantato dalla ragazza: per vendicarsi, mentre aggiorna il suo blog (è ubriaco) elabora un crudele giochino, un programma con cui gli studenti possono votare le ragazze più belle del campus cliccando sulle loro foto. Ecco la prima bozza di Facebook. Il social network come lo conosciamo oggi, in effetti, prenderà una forma compiuta dopo l’incontro con i gemelli Winklevoss. Cameron e Tyler sono agli antipodi di Zukenberg: belli, atletici, ricchi, provengono da una famiglia dell’élite. Non hanno, insomma, nulla da dimostrare a nessuno, contrariamente a Mark, che invece è roso dall’ambizione. La neonata società (con loro anche il compagno di studi Divya Narendra) si risolve in un nulla di fatto: Mark svilupperà da solo l’idea di un software che connetta tutti gli studenti di Harvard (in origine “The Facebook”), beccandosi l’accusa dei Winklevoss di furto di proprietà intellettuale.
Il successo travolge Zuckerberg, che viene mollato anche dall’unico, vero amico, Eduardo Saverin, direttore commerciale della prima società che i due co-fondano all’indomani del boom di The Facebook. Paradosso: il creatore del social network più popolare al mondo si trova ora completamente solo.
Fincher, insomma, nell’alternare passato e presente (le vicende di Zuckerberg e della nascita di Facebook sono rievocate negli incontri tra gli avvocati di Mark e quelli di Winklevoss-Narendra e di Saverin), racconta l’ossessione per il successo, il desiderio parossistico di un ragazzo di sovvertire le regole del sistema dettando al mondo intero le sue (come Edward Norton in Fight club). Forte di una sceneggiatura, di una regia impeccabile e di un ottimo cast (su tutti il protagonista Jesse Eisenberg), il regista, insomma, rilegge in chiave amara la parabola del self-made man, raccontando di un bambino che si fa re troppo presto e finisce straniero nel suo stesso “paese dei balocchi”.