Jónsi – Go

Inutile negarlo: dei Sigur Rós, Jónsi è sempre stato il motore. Non solo per il suo ruolo di compositore principale, ma anche per via di quel falsetto angelico, in grado di ammantare i pezzi della band islandese del consueto fascino tra il magico e il mistico. Logico, dunque, che prima o poi arrivasse il fatidico momento del disco solista. E difatti ecco Go, raccolta di nove tracce pubblicata per XL. A dirla tutta, non è proprio la prima volta che Birgisson mette il naso fuori di casa senza il resto della band. L’anno scorso è uscito Riceboy sleeps, lavoro d’ispirazione ambient realizzato a quattro mani con il compagno di vita Alex Somers. Go, tuttavia, al di là del fatto che il solo nome in copertina è quello di Jónsi, ha poco a che vedere con quel disco.

Birgisson qui è infatti ritornato al sound degli ultimi Sigur Rós, costruendo un LP conteso tra luminose filastrocche e passaggi più pensosi e meditativi, caratterizzato da arrangiamenti magniloquenti (in cui svettano archi ed ottoni) e dal forte impianto percussivo (grazie a Samuli Kosminen dei Mùm). Sul primo versante si collocano Go do, Boy lilikoi, Animal arithmetic e Around us, animate da vigorosi cromatismi, a tratti persino “sbarazzine”. Ottimi brani, indubbiamente, ma forse non è un caso se le vette dell’album siano nel campo avverso, quello che predilige toni più malinconici. Jónsi inanella così Tornado, all’insegna di un melodismo trasognato, con il pianoforte in evidenza e gli archi ad avvolgere come una calda coperta il falsetto romantico, Sinking friendships, Hengilás e Kolniðu, ugualmente efficaci nel mescolare struggimento ed estasi religiosa. Il vertice assoluto è però Grow till tall, in cui la componente elettronica del sound viene a galla, sporcandosi progressivamente in un finale sospeso, fantasmatico.

A proposito di Go, i detrattori diranno probabilmente che Birgisson con quest’album non ci ha regalato niente che non avessimo già potuto ascoltare nei precedenti lavori con la band madre. Verissimo. Ma è anche vero che la qualità impressionante delle partiture, la ricchezza e l’intelligenza degli arrangiamenti (merito anche di Nico Muhly) e la straordinaria interpretazione vocale di Jónsi non possono consentirci di archiviare il disco sotto la voce “esercizio di stile”. Go non rivoluzionerà certo la storia della musica rock ma rimane pur sempre un signor album, l’opera di un musicista di gran talento.

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