Sabato 19 agosto 2023, per la 59° stagione di Macerata Opera Festival, si è tenuta l’ultima rappresentazione della Lucia di Lammermoor – musica di Gaetano Donizzeti su libretto di Salvadore Cammarano – nell’allestimento del monegasco Jean-Louis Grinda.
Bravi tutti gli interpreti, da Ruth Iniesta, nel ruolo di Lucia, a Davide Luciano e Dmitry Korchak, che hanno interpretato rispettivamente Ernesto ed Edgardo, fino ai comprimari Paolo Antognetti (Arturo), Mirco Palazzi (Raimondo), Natalia Gavrilan (Alisa) e Gianluca Sorrentiono.
Un allestimento speciale per Lucia di Lammermoor
Quello che però ha certamente colpito il pubblico dello Sferisterio è stato l’allestimento di Grinda. Per questa versione, infatti, Grinda ha scelto una scenografia minima, delegata in gran parte alla ricostruzione digitale di scenari evocativi più che descrittivi, opera di Étienne Guiol: il mare in tempesta, la cascata, il profilo di un castello in rovina, la tappezzeria di un salone.
Su tutti, però, fa da padrone l’acqua. “Se mi chiedessero di dare forma a una religione, userei l’acqua” diceva Philip Larkin, e quella che è andata in scena con la Lucia di Lammermoor di questa stagione è stata proprio una “religione dell’acqua”. Un’acqua imperturbabile, che fluisce con ritmo costante e arriva a bagnare i piedi degli interpreti; un’acqua in qualche modo sempre presente, anche dal punto di vista sonoro – da segnalare, infatti, la scelta di suonare i bicchieri nella scena in cui Lucia impazzisce per il dolore –; un’acqua che diventa testimone e memoria della storia di Lucia.
Un dramma eterno
Pochissimi gli oggetti in scena, solo quelli strettamente funzionali alla rappresentazione, alternati con una simmetria scenica magistrale dagli operatori dello spettacolo dello Sferisterio, a cui il pubblico ha riservato un caloroso applauso a scena aperta, e a cui va sempre la nostra profonda solidarietà per i momenti difficili vissuti in questi anni.
Degni di nota anche i costumi, realizzati da Jorge Jara, che per quanto non consoni ad un dramma che si svolge in Scozia agli inizi del XVIII secolo, non possono neanche considerarsi una rivisitazione moderna del dramma. Piuttosto le scelte fatte fanno pensare ad un’astrazione temporale dove, mantenuti i tratti distintivi di rango e ruoli, non è possibile riconoscere una collocazione storica precisa.
Ecco quindi l’intento complessivo di Jean-Louis Grinda: proporre un dramma eterno, che si ripete ciclicamente come le onde del mare, e con cui tutti ci possiamo identificare.
Articolo di Andrea Garbuglia
Foto: Imbrescia