Il potere del cane

Il potere del cane: segreti e inquietudini nel vecchio ranch

Il potere del cane, diretto da Jane Campion, è stato uno dei film più acclamati della stagione 2021/2022. Presentato in concorso alla 78° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia (dove ha vinto il Leone d’argento con il Premio speciale per la regia) si è poi aggiudicato l’Oscar per la regia ad Hollywood.

Pellicola tratta dal romanzo omonimo di Thomas Savage, pubblicato alla fine degli anni ’70, Il potere del cane è un western atipico che mette in scena l’elemento della natura, l’isolamento dell’uomo e l’irrequietezza di tutti i personaggi.

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La trama

Siamo nel Montana, nel 1925. I fratelli Phil e George Burbanks sono i protagonisti della vicenda. Eredi di un grande ranch di famiglia, si occupano tutti i giorni di essiccare le pelli, spostare le mandrie e addestrare gli uomini al lavoro e alla fatica.

George però ha un animo più sensibile, è alla ricerca di altro rispetto al fratello Phil, che invece si comporta da bullo, è un omofobo ed è quasi ossessionato dalla figura dell’uomo che lo ha formato, il mitico Bronco Henri.

George un giorno decide di sposarsi con la giovane vedova Rose, e di portarla al ranch insieme a suo figlio Peter, un ragazzo geniale che ha subìto psicologicamente il suicidio del padre. Phil però inizierà a prendere di mira la donna e il ragazzo, tormentandoli fino allo sfinimento.

Il potere del cane – La recensione

Jane Campion ha deciso di girare le scene del film in Nuova Zelanda, ricreando comunque alla perfezione gli infiniti spazi aperti e rocciosi del Montana degli anni ’20. Qui la cornice degli avvenimenti è una valle deserta e immensa, dove svetta un massiccio su cui solo i più attenti possono scorgere il profilo di un cane con la bocca aperta.

Il potere del cane è un western atipico, senza pistole e diligenze da assaltare. Del mito della frontiera però riprende l’ambientazione, la narrazione dell’uomo forte che si crea da solo, la dedizione al lavoro e alla terra. Ma soprattutto un certo maschilismo che crede nella proprietà privata e nella famiglia.

C’è però, del genere western, quell’infinita leggenda del conflitto tra uomo e natura, in un mondo in cui ciò che ti circonda tende a formarti e a disegnare sentimenti, pensieri, azioni. Il potere del cane però è un film che si concentra sull’opposto, sul doppio modo di vedere le cose, e su un genere di conflitto che non sfocia nella violenza fisica ma che prende la piega di giochi mentali sadici e crudeli.

I personaggi che mette in scena la Campion sono pieni di inquietudini, letteralmente imprigionati nel loro ruolo, nella loro epoca e soprattutto incapaci di manifestare i propri sentimenti. George cerca di liberarsi da questa maschera e dai doveri familiari sposando Rose e innescando l’ira e la gelosia del fratello.

Rose non ha superato il dramma del suicidio del marito, perciò si è rifugiata nell’alcol, e per questo non riesce ad affrontare Phil direttamente, preferendo invece una vita nell’anonimato e nel pianto. Peter vive al limite, fatica ad esprimersi e cova dentro una rabbia che verrà fuori nel modo peggiore. E poi c’è Phil, attorno al quale ruota la vicenda. Pieno di cicatrici e di un passato di cui pian piano scopriamo i dettagli, il suo percorso sembra orientato al cambiamento fino alla discesa finale all’inferno.

Ma in generale tutti i personaggi de Il potere del cane vivono girando intorno ai loro segreti, all’impossibilità di dirli o di condividerli, incastrati in ruoli che rappresentano la società, gli anni, la Storia.

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diDonato Bevilacqua

Proprietario e Direttore editoriale de La Bottega di Hamlin, lettore per passione e per scelta. Dopo una Laurea in Comunicazione Multimediale e un Master in Progettazione ed Organizzazione di eventi culturali, negli ultimi anni ho collaborato con importanti società di informazione e promozione del territorio. Mi occupo di redazione, contenuti e progettazione per Enti, Associazioni ed Organizzazioni, e svolgo attività di Content Manager.