Tre Piani

Tre piani Nanni Morretti in salita, senza mai arrivare

Tre Piani di Nanni Moretti presentato al Festival del cinema di Cannes, nonostante il grandissimo calore al termine della proiezione con undici minuti di applausi non emoziona.

Il regista italiano di Ecce Bombo (1978), Bianca (1984), Palombella Rossa (1989), questa volta si affida all’autorialità dello scrittore israeliano Eshkol Nevo, che con il romanzo omonimo edito nel 2005 da Neri Pozza, ambienta la sua storia in Israele, nei pressi di Tel Aviv dove si erge una tranquilla palazzina borghese di tre piani. Moretti ne riadatta la sceneggiatura insieme a Federica Pontremoli, Valia Santella e la traspone cinematograficamente.

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La trama

Tre piani sembra un corpo smembrato, un’architettura fragile, troppo esile, un terreno brullo dove i tre livelli delle istanze psichiche (es, io, super-io) si sfidano, si incrociano, si tradiscono, si ammalano, senza uscirne vivi. Ma Freud con tutto questo non basta, non è sufficiente, anzi forse è addirittura fuori luogo.

Al primo piano vivono Lucio (Riccardo Scamarcio), Sara (Elena Lietti) e la loro bambina di sette anni, Francesca. Nell’appartamento accanto ci gli anziani Giovanna (Anna Bonaiuto) e Renato (Paolo Graziosi), che spesso fanno da babysitter alla bambina. Una sera, Renato, a cui è stata affidata Francesca, scompare con la bambina per diverse ore. Quando finalmente i due vengono ritrovati, Lucio teme che sua figlia sia accaduto qualcosa di terribile. La sua paura però si trasforma in una ossessione allucinante.

Al secondo piano ci vive Monica (Alba Rohrwacher) alla prima esperienza di maternità, mentre suo marito Giorgio (Adriano Giannini), ingegnere, vive spesso all’estero per lavoro. Ciò che ossessiona Monica è la solitudine e l’atroce paura di diventare come sua madre ricoverata in clinica per disturbi mentali. Quando Giorgio si accorge del dramma silenzioso che consuma sua moglie, forse è troppo tardi.

All’ultimo piano troviamo il giudice Dora (Margherita Buy) con suo marito Vittorio (Nanni Moretti) e il loro figlio di vent’anni, Andrea (Alessandro Sperduti). Proprio il ragazzo, una notte ubriaco, investe e uccide una donna. Sconvolto, chiede ai genitori di fargli evitare il carcere. Genitorialità e senso di colpa sono gli ingredienti che governano i personaggi morettiani in un arco di tempo lungo dieci anni.

Tre Piani – La recensione

Se “le nostre azioni sono quello che noi lasciamo in eredità a chi viene dopo di noi”, ciò può essere tradotto con una buona dose di pensiero critico e una traduzione semiotica tracciando le linee profonde di un disturbo psichico involontario.

Tre piani recupera una narrazione troppo schematica, senza tensione, dove il trauma stesso della perdita, del recupero, dell’assenza, del ricordo restano appesi.

Ognuna delle storie che compongono questo trittico nasce da una fuga, da un senso di smarrimento, ma non riesce a dialogare con lo spettatore che si annoia e soffre, senza empatia. Tre piani è un’opera distante che cerca di confrontarsi con il mondo e le sue sfide interne rappresentante da infinite microstorie quotidiane. Proprio nel quotidiano Moretti perde la sua sfida più complessa, quella della mancanza.

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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.