Imperium

Imperium: un nuovo volume Quodlibet

Si intitola Imperium. Conversazioni con Klaus Figge e Dieter Groh 1971, ed è un volume uscito per Quodlibet nel gennaio scorso. Il libro esce con la trascrizione integrale e note di commento a cura di Frank Hertweck e Dimitrios Kisoudis in collaborazione con Gerd Giesler. La Postilla di Dieter Groh e la traduzione italiana a cura di Corrado Badocco.

In questa lunga intervista del 1971 (Imperium), qui pubblicata per la prima volta in trascrizione integrale e corredata di essenziali note di commento, l’ormai ottantatreenne giurista Carl Schmitt risponde alle domande dello storico Dieter Groh e del giornalista Klaus Figge, offrendo un insostituibile documento autobiografico, che si rivela anche una preziosa fonte diretta per la storia del Novecento.

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Imperium – Un volume Quodlibet

ImperiumDalle sue origini cattoliche al rapporto conflittuale col mondo protestante tedesco, dagli studi universitari alla carriera accademica, Schmitt affronta, senza scantonare, le ombre del suo controverso impegno politico, inquadrandolo nei tormentati anni che dalla Repubblica di Weimar portarono alla conquista del potere da parte del Nazionalsocialismo in seguito alla nomina di Hitler a cancelliere.

Schmitt espone gli episodi della sua vita privata e pubblica distribuendoli lungo un ben calibrato percorso, che scandisce rigorosamente in date e contesti, ricontrollando minuziosamente tutti i dettagli sui propri diari stenografici dell’epoca e su altri documenti conservati nel suo archivio personale, in una costante tensione fra testimonianza individuale e storia collettiva.

Grazie a questa tensione, il colloquio riesce a far emergere la straordinaria competenza politica, tattica e persino amministrativa di Schmitt, senza per questo trascurare la sua determinazione a cercare una chiave metastorica su cui basare e giustificare la propria opera.

La biografia del giurista attraversa, come è noto, i momenti più drammatici della storia europea, ma i suoi ricordi, che vibrano nella viva voce narrante del protagonista, non sono le malinconie di un vecchio reduce, bensì le argomentate istanze di un uomo che obbedisce con coerenza al ruvido comandamento di Nietzsche: «Che non si commettano viltà verso le proprie azioni! Che non le si pianti poi in asso!».

 

L’autore

Carl Schmitt (Plettenberg 1888-1985) è considerato uno dei massimi giuristi del Novecento, e senz’altro il più contestato. Tra i più acuti interpreti della Repubblica di Weimar, aderì convintamente al nazionalsocialismo, per poi ritirarsi a vita privata nel dopoguerra (nel 1945 gli fu proibito a vita l’insegnamento universitario), non senza continuare a esercitare una considerevolissima influenza sul dibattito politico e giuridico tanto tedesco quanto europeo.

Autore di numerose opere, è ricordato soprattutto (e riduttivamente) per la concezione identitaria del politico, per un sopravvalutato decisionismo e per il suo concetto di diritto come ordine concreto. Tra le sue opere principali, pubblicate anche in italiano, ricordiamo Teologia politica (1922), Il concetto di politico (1927/1932), Il Leviatano (1938), Terra e mare (1942), Il Nomos della Terra (1950) e Teoria del partigiano (1962). Di lui Quodlibet ha pubblicato Imperium. Conversazioni con Klaus Figge e Dieter Groh 1971 (2015, 2021) e La situazione della scienza giuridica europea (2020).

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