Nella stanza di Emily

Nella stanza di Emily: un viaggio poetico

Mattioli1885 presenta Nella stanza di Emily di Benedetta Centovalli, editor, insegnante presso università e scuole di scrittura, specialista di Novecento italiano, ideatrice di collane, abile a scoprire nuovi talenti letterari.

Dopo i primi quattro titoli, la collana 135 (centotrentacinque quanti sono gli anni che la casa editrice festeggia quest’anno e centotrentacinque come il numero delle copie stampate e numerate per ogni libro, più 15 fuori commercio numerate da I a XV) curata da Filippo Tuena, si arricchisce di un nuovo testo, Nella stanza di Emily.

Nella stanza di Emily – Benedetta Centovalli

Un testo poetico, servito da una scrittura nitida, che è un viaggio multiplo: quello che Centovalli intraprende nel 2019 volando a New York (porta con sé uno dei libri a cui è più legata, La porta stretta di André Gide) col desiderio di visitare la casa di Emily Dickinson ad Amherst, Massachusetts, idea coltivata per lungo tempo e un viaggio interiore fatto di frammenti di ricordi personali e dentro la multiforme passione, totale, che l’ha portata a dedicare una parte consistente della sua vita al mondo dei libri.

Nella stanza di Emily“Ad Amherst ho cercato di capire se abitare quella parte d’ombra dentro la letteratura che mi ero ritagliata nella mia vita editoriale era stata una buona ragione di esistenza. Lo era stata? Lo era ancora? La risposta è: sì e no. Una risposta tutta dentro l’ambiguità del discorso letterario e di questo mestiere dai confini labili e dalle soglie mobili”, scrive Centovalli.

Ad animare le pagine è anche l’interesse per quelle persone che come Dickinson “hanno vissuto tenendo nascosto il loro lavoro creativo, che avrebbero voluto mostrarlo ma che alla fine per ragioni diverse sono restate nell’ombra, lasciando dietro di loro quei semi destinati a crescere come alberi grazie alla cura di qualcun altro”. Basti pensare ad Pozzi, Vivian Meier, Luisa Giaconi.

Ma non solo. Perché Centovalli spiega come la curiosità che l’ha mossa non riguarda tanto la vita e la poesia di Emily, di cui molto e molti hanno scritto, ma sopratutto l’aspetto della sua abitazione e in particolare della stanza in cui la celebre poetessa trascorse la sua vita in una condizione di esilio volontario, quasi un atto di ribellione, il luogo in cui lettere e poesie prendevano forma e spesso non avevano pubblico, perché non spedite, non pubblicate, non diffuse. In fondo erano parole destinate al Mondo.

“Ma chissà se era davvero una prigione, quel luogo in cui si era messa all’àncora” si domanda l’autrice che forse, ammette, visitando quelle stanze voleva solo “esplorare quegli abissi”, compresi i suoi, “da cui non possiamo né vogliamo salvarci e che sono come un assaggio della morte in vita”.

La narrazione della sua visita ad Amherst, corredata da svariate fotografie, apre una finestra inedita sulla figura di Emily Dickinson, sulle sue passioni come la botanica, gli animali, la panificazione, sul suo più intimo sentire, restituendo al lettore l’immagine di un essere umano sfaccettato, affascinante e vitale al di là della sua “prigionia volontaria”, che è ciò che la rende, da quasi due secoli, una delle poetesse più affascinanti e amate di sempre.

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