Nicolas Winding Refn – Pusher. L’inizio

A metà anni Novanta, un Nicolas Winding Refn eccezionalmente in forma ha diretto il primo capitolo della trilogia Pusher, incentrata su tre spacciatori a Copenhagen, Frank, Tonny e Milo.

In questo primo capitolo, Frank (un ottimo Kim Bodnia) è uno spacciatore tossicodipendente che vive di piccoli traffici, gestiti insieme all’amico Tonny (Mads Mikkelsen). Un giorno, Frank chiede a un importante spacciatore di origine serba, Milo (Zlatko Buric), un grosso quantitativo di eroina, promettendo di pagarlo a distanza di ventiquattr’ore. Ma proprio mentre sta per piazzare la merce, Frank viene scoperto dalla polizia: il suo tentativo di fuga si risolve con la perdita della droga e l’arresto.

Uscito di prigione, il pusher è nei guai: non ha più con sé l’eroina e nemmeno i soldi per Milo, che pretende di essere pagato. Disperato, Frank accarezza l’idea di scappare dalla Danimarca, insieme a Vicky, una prostituta eroinomane.

PUSHER. Still 2. Mads Mikkelsen and Kim Bodnia

Refn struttura la trilogia evidenziando in ciascun episodio dei tratti peculiari: la violenza più pura nel primo, l’aspetto emotivo nel secondo capitolo (esplicato nella paternità di Tonny) e una commistione dei due nella terza ed ultima parte, che ha in Milo l’assoluto protagonista. Pusher segna l’esordio di Winding Refn (e pure di Mikkelsen, mentre Bodnia era alla seconda prova importante dopo Il guardiano di notte), in un’opera che nel Paese d’origine è diventata un vero e proprio cult, estendendo poi la sua fama a tutto il settore del cinema underground.

Pusher è stato un autentico salto nel vuoto da parte dell’ambizioso Winding Refn, il quale è riuscito a fare pieno centro. Adrenalina alle stelle, cast azzeccato, storie che funzionano: c’è tutto in Pusher. L’inizio e nei successivi due film, rispettivamente Pusher II. Sangue sulle mie mani e Pusher III. L’angelo della morte. Winding Refn mette in scena dei personaggi che si muovono in una Copenaghen cruda, fredda, fatta di locali notturni dalle luci metalliche e da destini di uomini perduti, a loro volta vittime di quella stessa brutalità feroce che esercitano senza scrupoli verso il prossimo.

In tutto questo, il regista non rinuncia a inserire quel sentimento che serve a bilanciare una trama altrimenti pressoché priva di sensibilità umana: in tutti i capitoli, infatti, è presente un espediente che suscita l’emozione dei tre protagonisti, e se Tonny ritrova un minimo di speranza nel legame col figlio, nel caso di Frank è in Vicky che l’uomo tenta di individuare una sorta di redenzione dalla sua vita di piccolo delinquente.

Questo anche se vivere significa, soprattutto, scegliere e, per ogni scelta, corrisponde una conseguenza: tuttavia, in Pusher Winding Refn rinuncia a un epilogo netto, lasciando aperti molti dubbi sulle reali sorti di Frank, rimasto ormai completamente solo.

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