Julian Schnabel – Miral

Hind al-Husseini è stata una donna palestinese la quale, dopo il massacro di Deir Yassin nel ’48, decise di fondare un orfanotrofio in grado di assicurare vitto, alloggio e istruzione agli orfani palestinesi; in seguito, Hind istituì anche un collegio femminile e per tutta la vita, fino alla sua morte nel ’94, si dedicò alla formazione di giovani donne palestinesi e ai temi legati alle donne nel mondo arabo. La meritevole vicenda privata di Hind al-Husseini è narrata attraverso gli occhi di Miral (che è anche il nome di un fiore rosso che cresce ai bordi delle strade in Medio Oriente), la protagonista dell’omonimo film diretto da Julian Schnabel nel 2010. La madre della bambina è morta suicida e il padre Jamal, un uomo paziente e affettuoso, decide di condurre la piccola Miral presso l’istituto fondato da Hind, così da assicurarle una solida formazione. Anni dopo, Miral, diventata ormai una giovane donna, deve scegliere se prendere parte attivamente alla guerra palestinese contro Israele o se sfruttare gli anni di studio in collegio per assicurarsi un futuro migliore.

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La pellicola ripercorre alcuni fondamentali episodi del conflitto arabo-israeliano: in Miral il tutto sembra essersi concluso con gli accordi di Oslo nel ’93, ma sappiamo bene che così non è stato e lo stesso Schnabel, in chiusura, ha evidenziato che quei patti non vennero mai rispettati. Quella del film è una storia vera e il personaggio di Miral è ispirato a quello di Rula Jebreal, giornalista e scrittrice israeliana, di cittadinanza palestinese e naturalizzata italiana: la Jebreal è cresciuta a Gerusalemme, ha studiato al collegio Dar-At-Tifel (alternando agli studi l’attività di volontariato nei campi profughi palestinesi) e dopo il diploma si è trasferita, grazie a una borsa di studio, in Italia. Il soggetto del film è tratto proprio dal suo romanzo autobiografico La strada dei fiori di Miral (della Jebreal, che per anni è stata la compagna di Schnabel, è anche la sceneggiatura).

Dalla zia Fatima, condannata per terrorismo e, dopo un periodo di detenzione, espulsa dal paese, all’impegno politico di Miral (a sua volta arrestata e torturata), il lungometraggio ripercorre le tappe più importanti di una sanguinosa guerra che ha ridotto un paese in macerie (emblematica, in tal senso, è la scena in cui le ruspe israeliane distruggono una casa palestinese). In mezzo alla disperazione e al disordine, nasce e cresce (e muore) l’amore di Miral per un giovane palestinese votato alla causa del suo popolo, che prima intraprende la via della violenza, ma poi appoggia la possibilità di un accordo che restituisca ai palestinesi il controllo di un 22% di territorio. All’uscita Miral ha suscitato numerose polemiche, soprattutto da parte delle comunità ebraiche (la pellicola è chiaramente a favore della causa palestinese): a riportare il tutto nella giusta prospettiva, però, è stato lo stesso Schnabel (tra l’altro, di origini ebraiche), il quale ha dichiarato di amare e di credere nello stato di Israele. «Ma se non ascoltiamo l’altra parte non avremo mai la pace» ha anche concluso e il suo film riflette proprio su questo: sul dialogo come unica soluzione al conflitto; sull’istruzione e la conoscenza come uniche alternative alle bombe.

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