Espressionismo al cinema: “Il gabinetto del dottor Caligari”

La collocazione temporale dell’Espressionismo tedesco è stata a lungo oggetto di dibattito tra gli studiosi. Tutti sono concordi nel dire che il movimento si affermò negli anni Venti del secolo scorso, mentre più difficile è individuarne un inizio e una fine esatti; allo stesso modo, è complesso stabilire quando un prodotto può essere definito “espressionista” o meno, dal momento che il termine indica un insieme di tendenze che privilegiano un «uso libero e soggettivo del mezzo artistico», in opposizione al Realismo e al Naturalismo di fine Ottocento.

Alcune fonti sostengono che l’Espressionismo, quale categoria sovrastorica, sia stato, in generale, una forma di reazione dell’artista a dei momenti di crisi: la cultura tedesca del primo Novecento si ritrovò a fare i conti con la fine della guerra, le lotte di classe, la perdita dei valori etici e morali; nello specifico, la nuova corrente artistica assunse importanza quando, soprattutto in pittura, forme e colori vennero esasperati per ritrarre il travaglio interiore dell’artista, senza tralasciare elementi dello Sturm und Drang, a cui si associarono il rifiuto delle leggi deterministiche e del Positivismo.

Se nella maggior parte delle arti, l’Espressionismo si sviluppò nella prima decade del ventesimo secolo (a teatro, la prima opera espressionista fu Assassino, speranza delle donne nel 1907), nel cinema il movimento si diffuse solo successivamente, con l’uscita nel 1920 de Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene, film che tornerà nelle nostre sale dal prossimo 15 febbraio, in versione restaurata (qui la news a riguardo).

1378996143-5231cfaf3a988-012-the-cabinet-of-dr-caligari

Una notte dell’ottobre 1913, Hans Janowitz vagava per una fiera ad Amburgo, alla ricerca di una ragazza che lo aveva particolarmente colpito. Ad un tratto, sentì una risata provenire da un boschetto e, poco dopo, un estraneo sbucare dai cespugli, passargli accanto e scomparire nella boscaglia. Il giorno dopo, apparve sui quotidiani la notizia della morte di una certa Gertrude. Colto da un improvviso presentimento, Janowitz si recò ai funerali, convinto che la vittima fosse la fanciulla della sera precedente: fra i presenti alla funzione, scorse anche lo sconosciuto nascosto nel sottobosco, molto probabilmente l’assassino, non ancora catturato.

Carl Mayer, invece, era il figlio di un ricco d’uomo d’affari: quest’ultimo si convinse di avere individuato un “metodo scientifico” per vincere al gioco. Dopo uno sfortunato soggiorno a Montecarlo, l’uomo tornò dalla famiglia in completa rovina, mise alla porta i figli e s’uccise. Da allora, Carl si prese cura dei suoi tre fratelli, e nel frattempo, tra un lavoretto e l’altro, iniziò a interessarsi di teatro. Allo scoppio della guerra, dovette sottoporsi a degli esami circa le sue condizioni mentali, serbando per tutta la vita un forte risentimento nei confronti dello psichiatra militare che s’era occupato del suo caso.

Janowitz e Mayer furono gli sceneggiatori di Caligari e gli episodi biografici sopra citati fornirono alcuni importanti spunti per la trama del film. I due s’incontrarono alla fine della guerra, quando Janowitz, dopo aver prestato servizio nella fanteria, era tornato pacifista convinto e pieno d’odio verso un’autorità che aveva condannato a morte migliaia di giovani, partiti per il fronte. Insieme scrissero la sceneggiatura di Caligari in sei settimane, col nome del protagonista scelto leggendo Lettere sconosciute di Stendhal, in cui figurava un ufficiale, Caligari appunto, conosciuto dallo scrittore alla Scala di Milano. La versione originale dell’opera e quella poi trasposta sullo schermo dal regista presentavano alcune sostanziali differenze: non si trattava tanto di modifiche nella storia, quanto nel messaggio trasmesso, totalmente stravolto da Wiene.

gabinetedrcaligari6

La storia è incentrata sul sinistro dottor Caligari, che si presenta a una fiera insieme a un certo Cesare, capace di predire il futuro in seguito a episodi di sonnambulismo. Dopo il loro arrivo, in città iniziano a verificarsi delle morti sospette.

Su Caligari ci sarebbe molto da scrivere: limitandoci ad alcune considerazioni, possiamo dire che l’idea alla base della sceneggiatura era quella di esprimere delle posizioni rivoluzionarie, con l’obbiettivo di «stigmatizzare l’onnipotenza di un’autorità di Stato che si manifesta con la coscrizione generale e le dichiarazioni di guerra». Il personaggio di Caligari rappresenta «l’autorità illimitata che idolatra il potere e, per soddisfare la sua smania di dominio, viola spietatamente ogni diritto e valore umano»; invece, nel personaggio di Cesare viene ritratto l’uomo comune del tempo, costretto al servizio militare, addestrato a uccidere.

A nulla valsero le proteste di Janowitz e Mayer: la nuova e definitiva traccia trasformò una storia di “orrori reali” in «un’allucinazione concepita e narrata dal pazzo Franzis», uno dei personaggi, affetto da malattia mentale. Se il soggetto originale del film poneva in risalto la follia insita nelle autorità, il nuovo Caligari la glorifica, mentre colui che la combatte è additato come pazzo: la pellicola riflette la tendenza di far passare per matti degli individui sani, ma molesti nei confronti del sistema e, per questo, rinchiusi nei manicomi. Wiene fu solo in parte responsabile delle modifiche a Caligari, in quanto non agì spinto da idee politiche personali, ma da fini commerciali, dal momento che il suo lavoro doveva essere in linea con i gusti e la sensibilità delle masse.

Sostiene Siegfried Kracauer nel suo classico Da Caligari a Hitler (Edizioni Lindau):

«[…] Anche la maggior parte dei lavoratori socialdemocratici si astenevano dall’azione rivoluzionaria, ma al tempo stesso un’azione psicologica pareva prepararsi nella profondità dell’animo collettivo. Il film rispecchia questo doppio aspetto della vita tedesca, saldando una realtà in cui trionfa l’autorità di Caligari con un’allucinazione in cui la stessa autorità viene abbattuta. Non si poteva trovare miglior combinazione di simboli per esprimere la rivolta contro le tendenze autoritarie che si celava dietro la facciata di un comportamento contrario alla rivolta stessa».

Caligari fu girato interamente in spazi chiusi («poiché avevano deciso di cercare rifugio nell’interno dell’animo, i tedeschi non potevano certo permettere allo schermo di esplorare proprio quella realtà che avevano abbandonato»): gli scenari furono disegnati da tre pittori scelti di Wiene, mentre Janowitz aveva inizialmente proposto Alfred Kubin, un precursore del surrealismo, capace di far emergere dall’inconscio “visioni tormentose”. «I film devono essere disegni destati a vita» e, per questo motivo, la pellicola è ricca di forme frastagliate e appuntite (molto vicine allo stile gotico), che arricchiscono l’opera di immagini a carattere fortemente emotivo, realizzando un lavoro «affascinante e astruso», affine con l’animo tedesco antecedente al nazismo.

BIBLIOGRAFIA
Lotte H. EisnerLo schermo demoniaco (Editori Riuniti, 1983)
Siegfried KracauerCinema tedesco. Da Caligari a Hitler (Lindau, 2001)
Sandro BernardiL’avventura del cinematografo (Marsilio, 2007)

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie