Martin Scorsese – Casinò

Tratto dal libro di Nicholas Pileggi, che s’ispira a sua volta alla vera storia di Frank Rosenthal e Anthony Spilotro, Casinò di Martin Scorsese traccia la parabola di due “bravi ragazzi” (Robert De Niro e Joe Pesci) a Las Vegas, capitale degli eccessi. Ma il bravo ragazzo (si fa per dire) in questo caso è esclusivamente Sam Rothstein (detto Asso, per la sua capacità al gioco), mentre Nicky Santoro è uno spietato criminale, sempre pronto ad alzare le mani e, se necessario, ad uccidere. Asso lavora per la mafia italoamericana che, per premiarlo dei profitti, gli affida la gestione di un casinò. Nicky deve tenerlo sotto controllo e, nel contempo, assicurarsi che nessuno gli manchi di rispetto (in una scena, pianta una penna sul collo di un tizio reo di essere stato scortese con Sam).

 

Tutto ciò a cui Asso mira è una parvenza di rispettabilità e, anche per questo, decide di sposare la bella Ginger: la donna è un’assidua frequentatrice del casinò e Sam se ne innamora, nella speranza di venire, un giorno, ricambiato. Se solo l’uomo avesse letto I demoni di Dostoevskij, avrebbe colto nella citazione «La donna? Solo il diavolo sa cos’è» un monito a non fidarsi mai di una femmina, specialmente se avida e immorale. Ed è chiaro che Giger è attratta solo dal denaro: inoltre, è fedelmente attaccata al suo pappone e, dopo diverse incomprensioni con il marito, finisce a letto con Nicky. C’è solo un problema: nel codice mafioso, fare l’amore con la donna di un amico è un fatto molto grave.

Casinò è un film epico, forse non un capolavoro al pari di Quei bravi ragazzi, ma la distanza qualitativa è davvero minima: ottima la trama – forte anche del fatto di basarsi su una storia vera – e degne di nota sono le geniali e suggestive scenografie del maceratese Dante Ferretti. Pensare che il triangolo amoroso sia l’unica causa del dramma che consumerà la vita dei protagonisti è vero solo in parte: in realtà, a determinare la caduta dei tre caratteri dal paradiso, sarà la loro sconfinata ambizione e la sete di denaro. Dopo Quei bravi ragazzi, Scorsese torna a parlare dei meccanismi che muovono il mondo criminale, più o meno dalla stessa angolazione: come i Goodfellas, anche Sam, Nicky e Ginger sono delle individualità mediocri, incapaci di trovare emancipazione al di fuori del loro mondo corrotto e precario, totalmente privo di affetti sinceri. Non esiste possibilità di redenzione, perché siamo ciò che scegliamo di essere e in alcuni casi, una volta deciso, non si può più tornare indietro.

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