Paolo Sorrentino – Youth. La giovinezza

Nella carriera di ogni regista c’è un film-spartiacque, quello che spinge oltre il punto di non ritorno certe istanze visive e concettuali. Nel caso di Paolo Sorrentino, più che La grande bellezza, il lavoro cruciale è This must be the place. La pellicola del 2011, con Sean Penn, ha esasperato il gusto del regista napoletano per un racconto filmico frammentario, fatto di piccole storie che s’intersecano con gusto surreale e grottesco.

La grande bellezza era la declinazione grandiosa di quel concetto; Youth – La giovinezza, al contrario, la versione minimale. Per i personaggi sorrentiniani, il rendez-vous con il proprio fallimento è una certezza. Anche il protagonista de La giovinezza, Fred Ballinger (Michael Caine), è chiamato suo malgrado ad un bilancio. In un lussuoso sanatorio svizzero, dove si trova per un check-up, il grande musicista riceve la visita di un emissario della Regina che gli chiede di tornare a dirigere per il compleanno del Principe Filippo, e di eseguire le sue celebri Canzoni semplici. Non bastasse, la figlia e assistente Lena, in procinto di sposarsi, viene abbandonata dal marito e ne approfitta per lanciarsi in una dolorosa invettiva contro un padre anaffettivo ed egoista.

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La storia di Fred si intreccia a quella dell’amico Mick, regista alle prese con la sceneggiatura del suo “testamento spirituale”, e di un’umanità varia e variamente in crisi. Ci sono Diego Armando Maradona, obeso e grottesco, il giovane attore prigioniero di un ruolo di successo (Paul Dano), la diva abbrutita dal declino (Jane Fonda) ed altre figure surreali.

Sorrentino cuce tutto insieme affidandosi al solito lavoro prezioso di inquadrature e montaggio. Il ritmo è impalpabile, dilatato; la realtà si fonde al sogno, le riflessioni sulla vecchiaia (o meglio: su quello che resta dei ricordi quando si invecchia) sfociano in un discorso sul cinema e la creazione artistica, frutto meraviglioso e sottilmente perverso del desiderio.

Il risultato, però, è troppo diseguale. Il trio d’attori protagonista sfiora il sublime, soprattutto grazie a Caine. La storia dei due coniugi che non parlano mai, Dano che irrompe in sala colazione vestito da Hitler, la morbida e rarefatta voluttà che avvolge i corpi sull’orlo dello sfacelo: sono alcuni dei lampi di genio de La giovinezza che, tuttavia, cozzano con dialoghi scontati e alcune scene semplicemente ridicole (il sogno-videoclip musicale con Paloma Faith, Keitel che si confronta con le sue ex attrici in una vallata).

Youth – La giovinezza è un film imperfetto, come lo era La grande bellezza. Lì, però, gli eccessi si ricomponevano, grazie alla forza di un lirismo visionario e decadente; qui, invece, troppe scene madri prosciugano il collante tra immagini e sceneggiatura. La giovinezza è un film di grandi intenzioni non realizzate, potenza che, al contrario di quanto non accada a Caine sul finale del film, non si traduce in atto.

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