Damien Chazelle – Whiplash

Lo volete un consiglio? Non leggete questa recensione. Anzi non leggete nemmeno la trama e non guardate il trailer, se non avete ancora visto il film. Fate in modo che questa opera seconda di Damien Chazelle sia per voi una vera sorpresa. Se è vero che questo vale per tutti i film, lo è in misura ancora maggiore per Whiplash. Presentato in anteprima al Sundance Film Festival, dove ha vinto il premio del pubblico, e candidato come miglior film ai prossimi Oscar, il lungometraggio del trentenne regista e sceneggiatore americano mette al centro della vicenda il morboso rapporto tra Andrew (Miles Teller) e il cattivissimo professor Fletcher (un J. K. Simmons da Oscar), che porterà il giovane batterista a mettere in serio pericolo la sua vita.

 

Ne ha fatta di strada Andrew e adesso si trova proprio li, sul bordo di quella odiata/amata bacchetta, come ci mostra il poster italiano del film. È in bianco e nero, come se ancora non fosse definito, come se tutta la fatica fatta per arrivarci non contasse niente. Il suo volto volge in avanti ma il suo sguardo è rassegnato, perchè sa che quell’ultimo passo è il più difficile da compiere ma allo stesso tempo anche l’unico modo che ha per abbattere i propri limiti ed avere la possibilità di essere ricordato in eterno.

 

 

È tutto qui, Whiplash. Nella tensione di un ragazzo che, malgrado il suo enorme talento, non può essere, e forse mai sarà, il nuovo Buddy Rich, e nell’ossessione morbosa che nonostante tutto mette in moto per farcela. Un viaggio che si trasforma in un patibolo per Andrew e in una “malata” caccia al tesoro per Fletcher. Perché in fondo loro sono le due facce della stessa medaglia. Entrambi hanno dato anima e corpo alla musica ed entrambi hanno capito che non possono fare a meno l’uno dall’altro: tutti e due sono consapevoli di poter fare qualcosa di grandioso solo restando insieme. E quando c’è questa consapevolezza, limitarsi a fare un “good job” è peccato mortale.

 

Supportato da una colonna sonora da antologia, il film prende ciò che di bello ci ha lasciato il cinema classico americano per poi staccarsene e mostrarne il lato più nascosto. Non è la solita storiella di predestinazione dell’artista di talento e del suo mentore-spirito guida infallibile. I due protagonisti sono infatti due emeriti stronzi. Andrew è egocentrico, supponente e non ci pensa due volte a mettersi contro la sua ragazza, i suoi amici e la sua famiglia. Fletcher, è un pazzo sadico, peggio della peggior professoressa di matematica che abbiate mai incontrato. Ma il regista si incolla ai due magnifici interpreti rendendoci inevitabilmente partecipi del loro sanguinoso percorso (letteralmente) e si diverte a sorprenderci con continui cambi di rotta. Senza retorica. Senza lieto fine. E grazie anche allo strepitoso montaggio di Tom Cross ci consegna i venti minuti finali più belli e sconvolgenti dell’anno.

 

Insomma avete letto fino ad ora? Male, molto male.

 

 

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