Robert Benton – La macchia umana

Coleman Silk è un eccellente professore di letteratura presso una prestigiosa università del New England, la cui carriera è compromessa a causa di un’accusa di razzismo. Cacciato dall’ateneo, Silk deve affrontare anche la morte della moglie, il cui cuore non ha retto allo scandalo. Messo nella condizione di ricominciare tutto daccapo, l’ex professore fa due incontri importanti: da una parte Nathan Zuckerman, uno scrittore a cui chiede di scrivere un libro sulla sua vita, dall’altra Faunia Farely, una donna di trent’anni più giovane, con cui Silk inizia una relazione. Quella che doveva essere una semplice avventura, senza alcun coinvolgimento emotivo, si trasforma in un rapporto più stretto: il protagonista si lega profondamente a Faunia, la quale nasconde un passato di violenze, perpetrate dal patrigno e dal marito, un reduce del Vietnam con seri problemi psichici. Ma non è l’unica ad avere dei segreti: anche Coleman nasconde qualcosa, una “macchia” indelebile con cui convive da decenni.

 

 

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Philip Roth, di cui mantiene alcune parti, sacrificandone in maniera importante altre: d’altro canto, il testo di partenza è talmente articolato da essere difficilmente adattabile con assoluta fedeltà sullo schermo. Tuttavia, il risultato finale è molto buono, con un Anthony Hopkins convincente, nonostante sia fisicamente lontano dal protagonista della carta stampata. Il segreto che Coleman Silk si porta appresso è qualcosa di difficilmente immaginabile, se non fosse per i continui flashback presenti nella pellicola, che rivelano dettagli fondamentali sul vissuto del carattere. Nulla vieterebbe a Silk di difendersi dalle accuse di razzismo, anzi: gli basterebbe un niente per salvare la reputazione e il lavoro. Ma non lo fa, perché da troppo tempo è abituato a mentire su di sé e il suo passato: perché Coleman Silk è «bianco come un giglio», ma pensa e si comporta come uno schiavo di colore.

 

La macchia umana è un film che riflette principalmente su due cose. In primo luogo sull’accettazione: accettarsi e accettare gli altri, coi loro difetti, problemi, limiti. Insomma, amare il prossimo per quello che è, senza pretendere cambiamenti che l’altro non sia disposto autonomamente a compiere; ma anche amarsi per riuscire, di riflesso, a farsi amare. Secondo, il film considera la questione dell’affrontare la vita a testa alta, diversamente da Zuckerman (alter ego di Roth, presente in diversi suoi romanzi), eremita in fuga dal mondo, e dal giovane Silk, che solo nella vecchiaia troverà l’emancipazione dai propri fantasmi. Così la volontà di «non morire, non morire mai» si trasforma in pieno accoglimento del proprio destino, perché un uomo davvero libero non teme la morte, al contrario dell’uomo prigioniero delle proprie menzogne, cadavere ancora prima di esserlo realmente.

 

 

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