Capita, a volte, che di un libro vorresti dire talmente tante cose che poi non riesci nemmeno a cominciare. Perché la storia ti è rimasta dentro, perché hai creato una sorta di legame con i protagonisti, perché gran parte del dolore che viene descritto in quelle pagine l’hai provato in prima persona, e più o meno per gli stessi motivi, anche se al posto di una figlia c’era un padre. Se Arianna è un libro diversamente normale, perché diversamente normale è la storia che racconta, diversamente normali i suoi protagonisti, diversamente normale lo sguardo verso la malattia, il dolore, la vita.
Se dovessi non pensarci troppo, la prima parola che mi verrebbe in mente sarebbe “coraggio”. Anna Visciani ha avuto innanzitutto coraggio, quello che serve per scrivere cosa vuol dire essere mamma di una ragazzina cerebrolesa grave, cercando di vivere la quotidianità facendo delle diversità la propria forza. Coraggio per aver scelto di andare “oltre” Arianna, per aver dato spazio ai suoi altri due figli e a suo marito. Ricostruendo il quadro familiare ha creato una voce unica attraverso cui ascoltare la storia da punti di vista differenti, insegnando che di amori (anche per una sorella, per una madre o per un padre) ne esistono diversi, mutevoli. Anna ha avuto coraggio perché senza mai cadere nella banalità o nella pietà ci fa riflettere sulla vita, ci fa interrogare, ci regala emozioni che molto spesso, credetemi, per chi vive con un malato grave sono molto più o molto meno di una semplice lacrima. Ha avuto il coraggio di raccontarsi e raccontare con semplicità una gravidanza serena che di colpo si fa dramma e diventa una patologia senza speranze di miglioramenti, situazioni ricche di umanità e dignità, ciò che molti non arriveranno mai a comprendere fino in fondo.
Anna ha avuto, poi, il coraggio di non essere perbenista, ingenua o politicamente corretta, perché «la gente ha paura delle parole e soprattutto ha paura di chiamare la realtà con il suo nome: detesto chi dice audioleso per dire sordo, o claudicante per dire zoppo, o non vedente per dire cieco. Un bugiardo non è diversamente sincero, un obeso non è diversamente magro, un imbroglione non è diversamente onesto. Non mi piace definire mia figlia “invalida”, vocabolo di burocratica memoria postbellica, o “inabile”, formale espressione da verbale di infortunistica, e neppure “disabile”, termine politicamente corretto ma riduttivo considerando la complessità delle sue mancanze. Mia figlia è “handicappata” solo perché in italiano non esiste un’altra parola che esprima così sinteticamente ed efficacemente il concetto». E poi, in tutto questo, c’è il coraggio di parlare del futuro, senza vergognarsi nel dire che sarà pieno di incognite, senza risposte; senza vergognarsi di aspettare e sperare, con infinita tristezza, che ci sia per i familiari un “dopo Arianna”.
Se Arianna non è un libro per tutti, purtroppo; perché non tutti sanno dare del tu al dolore, lo sanno comprendere o semplicemente accettare. Ma proprio per questo è un libro che tutti dovrebbero leggere, per capire che dietro una carrozzina ed uno sguardo senza parole c’è un universo da scoprire, che va oltre l’ammalato e investe chi gli sta accanto; per capire che chi gli sta accanto, all’ammalato, è un po’ anche quella storia lì, e anche per quella storia lì va rispettato. Nel confronto quotidiano, anche con un ammalato grave, si arriva alla consapevolezza di sé e all’accettazione della situazione, che è fatta, spesso, di drammaticità e conflitti, rassegnazione e sopravvivenza.
E così, capita che tra dolore e coraggio un libro ti lasci senza parole ma con qualche ricordo in più. Perché in quella storia rivedi un po’ la tua storia, le tue paure, le tue sensazioni, i tuoi sentimenti, chi c’è stato e non c’è più.
9788809791626