Brian De Palma – Scarface

Droga, crimine e la Miami degli anni Ottanta, crocevia del traffico di cocaina: mettete tutto insieme ed eccovi Scarface di De Palma, remake dell’omonimo film del 1932 di Howard HawksTony Montana è un immigrato a cui Al Pacino riuscì a dare spessore e credibilità, fissando nella memoria collettiva il prototipo del boss il cui motto “The world is yours” rappresenta l’emblema del suo stile di vita. Montana arriva negli Stati Uniti da Cuba, povero e attratto dal sogno americano che tutti inseguono. Il benessere economico è la sua più grande ambizione ed è disposto a qualunque cosa pur di ottenerlo, uccidendo senza pietà chiunque rappresenti un ostacolo alla sua inarrestabile ascesa. Alla magnifica casa e alla bella donna s’aggiungono la dipendenza dalla droga e uno stato paranoico sempre più acuto: la situazione è destinata a precipitare e la scena finale è un piccolo gioiello, degno della migliore tradizione gangster del cinema americano.

Scarface rappresenta un punto di evoluzione del genere noir e dei lavori di altri cineasti del tempo, da Martin Scorsese a Francis Ford Coppola. Pellicole come Taxi driver e Il padrino vengono superate in violenza, sia fisica che verbale (una delle critiche mosse al film riguardò proprio il linguaggio piuttosto scurrile: sembra che Pacino abbia pronunciato il termine “fuck” circa 180 volte). La sceneggiatura è di Oliver Stone, capace di aggiungere alla vecchia storia di Hawks, tipica degli “Anni ruggenti” del secolo scorso, il sapore amaro di un’esistenza che insegue in modo quasi maniacale un ideale di grandezza.

Tony Montana è il classico self-made man, animato da un irrefrenabile spirito dionisiaco di potenza e dinamismo, ma destinato a rimanere schiacciato sotto il peso di sogni troppo grandi, anche per uno come lui. Scarface non è solo la cronaca di un’autodistruzione, ma anche una riflessione sull’America avida e immorale, in cui al successo s’accompagna l’inevitabile eccesso, secondo un piano di lusso sfrenato e accumulo di ricchezze promosso da quel capitalismo imperante che avrà il suo culmine nella successiva epoca reaganiana. Il risultato è un film leggendario, così come leggenda è rimasto nella mente del pubblico il suo antieroe “larger than life”, con Pacino che, proprio per la sua magistrale performance, riacquistò lustro e fama dopo aver vestito i panni di Michael Corleone nei primi due capitoli della fortunata trilogia de Il padrino.

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