Hayao Miyazaki – Si alza il vento

Si alza il vento è un regalo che Hayao Miyazaki ha voluto lasciare ad ognuno di noi. Il nostro ultimo sguardo all’interno della sua straordinaria fantasia. Si, proprio così, l’ultimo. È già passato un anno da quando il regista ha annunciato il suo ritiro dalle scene ma ancora nessuno si è rassegnato all’idea di non avere più l’emozione di solcare le nuvole, di correre tra i prati, di attraversare le onde. Perchè ogni film del maestro nipponico che cosa è se non un volo nei nostri ricordi più belli, un tuffo nelle sensazioni più pure, un viaggio alla scoperta della meraviglie della natura.

 

D’accordo lo ammettiamo: siamo di parte. Se già i recenti ritorni al cinema di Principessa Mononoke e La città incantata ci avevano fatto gridare al miracolo, figurarsi un film di Miyazaki nuovo di zecca. Difficile essere oggettivi. È inutile infatti stare a sindacare sui difetti di un film (che pure ci sono) che rappresenta il saluto di un artista impegnato da 40 anni a farci sognare e riflettere, sbalordire e turbare, appassionare e commuovere. Con Si alza il vento Miyazaki è riuscito a fare questo e forse anche di più. Perchè il film rappresenta un anomalia rispetto al suo consueto percorso artistico, un cambio di rotta se paragonato alle atmosfere sognanti e magiche dei suoi film precedenti.

 

 

Una sorta di testamento nel quale il maestro nipponico ha voluto mettere tutto se stesso, le sue ossessioni, i suoi amori, i suoi ricordi. Impossibile infatti slegare la storia vera del protagonista del film, Jiro Horikoshi, da quella dello stesso autore. Jiro è un ragazzo con il sogno di diventare un progettista di aeroplani (il padre di Hayao possedeva una ditta di componenti per aerei) proprio come il suo idolo, l’ingegnere italiano Gianni Caproni. Sogno che alla fine realizzerà, diventando uno degli ingegneri aereonautici più famosi del paese, con l’aiuto dell’amore della sua vita, Naoko, che nonostante la tubercolosi (la madre di Hayao è stata malata di TBC) lo accompagnerà fino all’invenzione del celebre Mitsubishi A6M Zero.

 

Un’opera auobiografica, intima, a lungo sognata, poi persa, inseguita per anni ed infine realizzata. Un lavoro che per la prima volta ha una connotazione reale, tangibile (non a caso è il primo biopic in assoluto per lo Studio Ghibli) che non ha paura di trattare argomenti scomodi come la guerra e la “creazione di strumenti di morte” (gli aerei inventati da Jiro sono stati poi utilizzati dai kamikaze durante la seconda guerra mondiale e non per fini più nobili come voleva). Una metafora del lavoro dell’artista, fatto di passioni, soddisfazioni, impegno ma anche di contraddizioni, rinunce, sacrifici. Un film epico dove però come sempre fanno la differenza i piccoli particolari, le sfumature, le pieghe nascoste del racconto. Un capolavoro insomma, che si alza con il vento e che ci spinge a “tentare a vivere”.

 

 

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