Addio ad Horace Silver, uno dei grandi del jazz

Si è spento ieri ad 85 anni, nella sua casa di New Rochelle, Horace Silver, leggendario pianista jazz. Silver, uno dei pionieri dell’hard bop, era nato a Norwalk, Connecticut, da padre padre capoverdiano e da madre irlandese. I suoi primi passi nella musica furono come sassofonista, in seguito passò al piano. Fu scoperto da Stan Getz mentre si esibiva in un club di Hartford. Dopo il debutto discografico accanto al grande sassofonista, Silver si trasferì a New York, dove iniziò a suonare con, tra gli altri, Art Blakey, Coleman Hawkins e Lester Young, e a frequentare i locali bebop.

Nel 1952-1953 le prime incisioni con il suo trio, con Blakey alla batteria e Gene Ramey, Curly Russell e Percy Heath che si alternavano al basso. Le session furono pubblicate dalla Blue Note: Silver divenne amico del proprietario dell’etichetta, Alfred Lion, e in questo modo riuscì a mantenere un controllo sulle proprie produzioni inconsueto per l’epoca. Nel ’56, il musicista fondò un quintetto, con cui, nel 1965, registrò il suo disco più famoso, Song for my father, ispirato ad un viaggio fatto in Brasile e dedicato al padre (un cui scatto campeggia in copertina).

Dopo un periodo di oblio negli anni ’70, legato anche alla (temporanea) chiusura della Blue Note, Silver negli anni ’80 fondò una sua etichetta, Silveto, che non ebbe però molta fortuna. Negli anni ’90, il musicista fu messo sotto contratto dalla Columbia. Il suo ultimo disco è del 1999, Jazz has a sense of humor, e fu pubblicato dalla Verve. Nel 2006, Silver firmò anche un’autobiografia, Let’s get to the nitty gritty, pubblicata dalla California University Press. L’anno precedente, aveva ricevuto il President’s Merit Award dalla National Academy of Recording Arts and Sciences. Con lui scompare uno dei più grandi nomi del jazz mondiale.

Ecco l’audio di Song for my father:

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