Alain Resnais – Hiroshima mon amour

Alain Resnais è stato una delle menti più creative della “Nouvelle vague”, quella corrente cinematografica portatrice di innovative trasformazioni, a livello tecnico e narrativo, che costituirono le fondamenta di molti stilemi del cinema moderno. Tra queste tante novità evidenziamo la rottura della sintassi tradizionale (ovvero del montaggio) che appare evidente già nei primi film di Resnais, come il suggestivo capolavoro Hiroshima mon amour, il cui soggetto segue un filo narrativo non lineare: i fatti sono collocati in un tempo indefinito, un presente contaminato da ricordi passati. La visione ci conduce infatti in un viaggio mnemonico, più che geografico o temporale.

La trama di Hiroshima mon amour si basa non su eventi, ma monologhi e memorie rievocate; il desiderio del regista è quello di tornare a descrivere la guerra (dopo il suo documentario sull’Olocausto, Notte e nebbia), rivolgendosi alla tragedia nucleare di Hiroshima: inizialmente si pensa a girare un film-documentario sulla vicenda, ma l’idea per un’opera di tutt’altra natura viene poi appoggiata dalla scrittrice Marguerite Duras, che produce una sceneggiatura dal gusto letterario, non scevra da toni poetici che rallentano la narrazione e ne aumentano la tragica solennità.

I due protagonisti del film, ambientato nella Hiroshima del dopoguerra, sono interpretati da Emmanuelle Riva e Eiji Okada, rispettivamente nella parte di un’attrice francese (in città per girare un film sulla pace) e di un architetto giapponese. Dopo aver passato una notte insieme, i due personaggi senza nome (tra loro si chiamano con il nome della propria città natia, Hiroshima lui e Nevers lei) lasciano affiorare il proprio passato e lei, stimolata dal dolore che aleggia sulla città vittima della bomba, confessa un triste episodio della sua giovinezza a Nevers: in tempo di guerra ebbe una relazione con un soldato tedesco che finì per morirle tra le mani, portando disonore alla famiglia.

Mentre lei subisce il supplizio del proprio amaro ricordo (la morte dell’amato la condusse a una crisi di nervi), rievocato ma sempre cedibile all’oblio, lui non ha bisogno di raccontare nulla, lui è Hiroshima e la sofferenza di un intero popolo, quello giapponese colpito dall’ordigno nucleare, l’ha scritta sulla pelle, che la francese accarezza sognando una relazione che entrambi sanno essere impossibile («è probabile che noi moriremo senza esserci mai più rivisti»). Li lega l’esperienza indiretta della guerra, vissuta tragicamente (la famiglia di lui era a Hiroshima il giorno fatale e il ragazzo di lei è stato ucciso perché nemico) e che nessuno dei due vuole o può dimenticare: uno dei grandi temi del film è proprio la necessità del ricordo, accompagnata dalla paura dell’oblio. Questa angoscia pervade anche il futuro, visto con l’ottica negativa di chi ha capito che il male compiuto è un male che, dimenticato, ritorna possibile: la francese afferma «Ma tutto ciò si ripeterà. Avremo diecimila gradi sulla Terra. Diecimila Soli si dirà».

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