Riccardo Sinigallia – Per tutti

Ci voleva il Festival di Sanremo per accorgersi, i più, di quanto sia bravo uno come Riccardo Sinigallia – poi dici che l’Ariston è un palco inutile. Il brano con cui aveva passato il primo turno, Prima di andare via (poi squalificato perché non inedito), aveva testimoniato ulteriormente quanto fosse stata importante la sua breve (troppo) parentesi con i Tiromancino. Poteva essere quasi un estratto da La descrizione di un attimo, il disco con cui nel 2000 la band romana fece il grande salto di qualità, e invece era il singolo di punta del terzo LP solista di Sinigallia, Per tutti.

Prima di andare via è una ballata acustica, dagli aromi country, contesa tra amore, abbandono e crisi, col senno di poi forse persino superata in bellezza dall’altro brano sanremese, quello che non ce l’aveva fatta, Una rigenerazione, propulsa da un groove funky di basso e con un synth analogico in bell’evidenza nel refrain. Sono i due pezzi più in vista di Per tutti, ma non i soli degni di nota. L’album è sotto molti aspetti esattamente quello che ci si aspetta da un “cantautore” (peraltro esponente di una delle scuole di maggior peso, quella romana) negli anni 2000: partire dalla ballata intimista acustica, a volte polemica, e mescolarla con l’elettronica, spaziando dal folk fino al Krautrock. Del resto, nell’opener, E invece io, Sinigallia ripete «canto al tempo dell’anima mia», il che inevitabilmente rimanda alla necessità di ritagliarsi uno spazio personale ma anche di stare in qualche modo sul pezzo, attaccati al presente, senza lasciarsi distrarre neppure dal rimpianto, che è poi il focus emotivo del pezzo.

(Riccardo Sinigallia)

Per tutti è esattamente come il titolo dice: accessibile e per certi versi multigenerazionale (gli echi dei maestri del passato, come in Io e Franchino, ci sono), ma non generalista. La scrittura di Sinigallia è raffinata e melodica, e anche quando sperimenta, magari persino in direzione ultimi Daft Punk, quelli più “moroderiani” (Per tutti, una filippica contro l’establishment dai riflessi kraut), o Brian Eno (l’acquosa 17 07 2010), riesce a non smarrirsi nell’autocompiacimento. Il bello è che tutto sta bene insieme, l’elettronica minimalista e ambientale con la ballata a base di chitarra acustica, archi e fiati battistiani de Le ragioni personali, o il folk cullante di Tu che non conosci.

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Per tutti racconta la crisi intesa come fase di transizione, nella quale realizzi che «non è più come prima» (il brano omonimo), e il peso della consapevolezza di ciò che hai perso si assomma ai soliti dubbi esistenziali (l’amore, il tempo che avanza). È però un disco vivo, che cerca nuove direzioni e non si piange addosso, un’opera matura sul serio, non per spot da comunicato stampa. Prima di andare via Sanremo non l’avrebbe mai vinto, ma non importa: la storia forse la fanno i vincitori, ma sono gli sconfitti a scrivere le pagine più belle.

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