Duane Journey – Hansel & Gretel e la strega della Foresta Nera

Che succederebbe se Hansel e Gretel non fossero i figli di un povero falegname nella Germania dell’Ottocento ma due wasp dei giorni nostri? E se la strega cattiva non vivesse in una casetta di marzapane ma in una villetta a Pasadina, e la sua occupazione fosse spacciare erba per attirare giovani ragazzi? Succederebbe che avremmo uno spunto interessante da cui partire per raccontare per l’ennesima volta la solita fiaba, ma non necessariamente un buon film.

Hansel & Gretel e la strega della Foresta Nera di Duane Journey prosegue nel solco della riattualizzazione della celebre storia dei Grimm (l’anno scorso era uscito Hansel & Gretel – Cacciatori di streghe). Lo fa ovviamente sfruttandone le potenzialità horror, ma optando per una decisa modernizzazione dell’ambientazione e soprattutto giocando con il tema caldo del momento, quello delle droghe leggere, che alcuni stati degli USA hanno liberalizzato. Il soggetto è semplice, ma non privo di fascino. Gretel e il suo fidanzato provano una straordinaria nuova qualità di erba, la Black Forest: Ashton, il ragazzo, spiega a Gretel che il suo spacciatore l’ha avuta da una graziosa vecchietta, che la coltiva in casa per arrotondare. Si prospetta un pomeriggio niente male, e allora Gretel spedisce Ashton a comprarne un altro po’ di erba, mentre lei prepara dei biscottini (di marzapane, ovviamente).

(la graziosa vecchietta…)

Solo che Ashton fa una brutta fine: la simpatica vecchietta lo lega su un tavolaccio nel suo scantinato e lo sevizia. Dopo averlo mangiucchiato un po’, gli risucchia la linfa vitale, ringiovanendo. Gretel e Hansel cominciano a cercarlo, Gretel soprattutto: è lei la vera eroina, ad Hansel è stato ritagliato il ruolo di quello che arriva in extremis, non si sa se a dare una mano o a incasinare ancora di più il tutto.

Journey, al suo secondo film da regista dopo lo sconosciuto The storm (2012), si diverte a disseminare qua e là nel corso della pellicola i “segni” tipici delle fiabe: il marzapane, il labirinto, le mele rosse (ma ci sono pure gli zombi). Contrappone una strega fedele all’ossessione faustiana (ma sempre attuale) dell’eterna giovinezza ad un paio di adolescenti decisamente moderni ma, come nell’originale dei Grimm, ugualmente “abbandonati”. L’assenza di figure genitoriali e l’uso dell’erba come esca non devono indurre in errore: Hansel & Gretel non ha nessun intento di critica sociale. Al massimo sfrutta la retorica moralistica (il pericolo delle droghe leggere) per farsene beffe e tratteggiare un racconto leggero, ironico.

Pure troppo, però. La pellicola è diretta in modo approssimativo, recitata maluccio e con una fotografia discutibile. Insomma, gioca male le sue carte: poteva essere molto migliore. Ma c’è già aria di cult e il finale aperto chissà che non preluda a un sequel…

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie