Dente – Almanacco del giorno prima

«Non mi sono mai sentito a mio agio nel mio tempo», ha spiegato Dente, e ad ascoltare Almanacco del giorno prima non c’è davvero ragione di non credergli. Del resto, sin dagli esordi (Anice in bocca, del 2006), Giuseppe Peveri ha mostrato una passione deferente per gli anni ’60-’70 e l’armamentario dei cantautori – Battisti, De Gregori, Gaetano, Graziani su tutti.

“Cantautore” oggi è diventata una brutta parola (basti vedere le reazioni all’ultimo singolo di Brunori Sas, Kurt Cobain): è sinonimo di autoindulgenza, ha un po’ stufato. La gente vuole lo spettacolo anche quando si parla di sentimenti, e i “soliti” arrangiamenti chitarra, voce e pianoforte sono indigesti. Dente, però, se ne frega – almeno in parte. Nell’Almanacco del giorno prima in effetti qualche novità c’è: i brani sono più “arrangiati” rispetto alle precedenti prove. Merito dello storico collaboratore Gianluca Gambini e del produttore Tommaso Colliva, che arricchiscono le partiture di glockenspiel, organi Farfisa, vibrafoni, clavicembali, flauti ed archi, insomma gli danno più colore.

(il video di Invece tu, il primo singolo estratto dall’album)

Il tema di fondo è sempre il solito: l’amore, finito e male, di cui si parla con un tono naïf, con un ironico distacco che maschera rimpianto e una perenne sensazione di inadeguatezza. «Anche la polvere sotto il tuo letto è più felice di me / anche l’ultima volta l’ho sentita che rideva di me» è l’incipit fulminante di Fatti viva, cullata dall’organo e da un pianoforte brillante. «Non mi hanno dato i muscoli / ma un paio di miracoli / che ho giù buttato via» canta Peveri in Miracoli, mentre in Un fiore sulla luna intona «sono una delusione / ma te ne accorgi dopo» su un ritmo svogliato e su un clavicembalo ipnotico.

La dimensione del quotidiano – la prediletta da Dente – raggiunge il suo apice in Casa mia, degregoriana ma con garbo, capace di scodellare un distico come «più su c’è una macchina a vapore / che fa rima col mio amore» senza sembrare ridicola. La ricerca della rima baciata, del gioco di parole (evidente sin dal titolo di Gita fuori luogo) sono un modo come un altro per sentirsi a casa, e sublimare nella scrittura le piccole, grandi inquietudini – quelle che s’affacciano, per esempio, nel crescendo un po’ cupo di Meglio degli dei (con il violino di Rodrigo D’Erasmo).

Qualche tocco “esotico” lo garantisce Invece tu, che risente evidentemente del soggiorno recente di Peveri in Brasile. Ma attenzione, c’è anche qualcosa di Dalla. Perché Dente da lì non lo schiodi: è un cantautore, anche quando gioca con intrecci chitarristici bluesy (Al Manakh). Rispetto al passato, la sua nostalgia suona meno claustrofobica, la sua musica mostra possibilità più interessanti. “Cantautore” sarà pure una parolaccia, ma se va sempre così…

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