Warpaint – Warpaint

Alle Warpaint le cose facili non piacciono. Altrimenti, dopo un album come The fool se ne sarebbero venute fuori con qualcosa di molto più “furbo”, magari di più accessibile. Al contrario, l’omonimo secondo LP del quartetto inglese è oscuro, sensuale, fumoso. Affascinante, a patto che si abbia il tempo e la voglia di immergersi nell’ascolto.

L’idea di partenza, per stessa ammissione della chitarrista Theresa Wayman, era di suonare minimalisti. Decisamente, da questo punto di vista la missione è compiuta. Ad ascoltare le dodici tracce, prodotte da Flood (PJ Harvey, Nick Cave, New Order), trova conferma anche quanto dichiarato dalla bassista Jenny Lee Lindberg, ovvero che i pezzi sarebbero nati jammando sul palco, durante i soundcheck. Da questo approccio nascono brani come Keep it healthy, giocati su arpeggi in minore, tempi di batteria sguscianti, linee di basso essenziali e, in generale, un’aria tra il misterioso e il sexy. Manca la hit: Love is to die, il primo singolo estratto, sfodera addirittura un cambio di tonalità ad altezza refrain, il che rende ancora più difficile lasciarsi coinvolgere durante l’ascolto.

Tuttavia, c’è altro. Un’idea non scontata ed anzi intelligente di soul. In un momento in cui tutti intingono la loro musica nel calamaio di ritmi, melodie ed arrangiamenti black, le inglesi scelgono una via più subdola. Il basso e la drum machine di Hi disegnano traiettorie groovy che le vocals dilatate e l’elettronica declinano in direzione trip-hop, senza per questo che un certo retrogusto rock (un fantasma del rock) abbia lasciato la stanza.

Biggy ha qualcosa di vagamente ruffiano, un giro di synth che, tuttavia, fa semplicemente da puntello per un’altra divagazione tra l’ambientale e il soul. Pulitissimi gli intarsi strumentali, limpide le voci – cosa che non impedisce al pezzo di dispiegarsi lento e sensuale. Disco//very, invece, aggiunge un pizzico di pepe, con il basso che pompa sinistro e il canto che l’asseconda ne tentativo di ricavarne un groove disco spettrale.

Go in ha un drumming jazzato, con un charleston sibilante che ipnotizza e le tastiere che fasciano come un’orchestra. Teese e Son hanno la stessa struttura: partono acustiche (la prima con la chitarra, la seconda con il piano) e poi si arricchiscono con gli altri strumenti, guardandosi però bene dall’esplodere fino in fondo.

Tutto rimane sottotono in Warpaint. È un disco criptico («Look to the light / Last time I alter my mind» sussurra la Wayman in Love is to die), romantico in un modo antispettacolare, simile a un canto di sirena. Qua e là magari si perde un po’ di tensione, di mordente, ma tra le pieghe degli accordi abbozzati e delle scarne linee ritmiche, ci sono i segni di un gran disco.

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