Bachi da Pietra – Festivalbug

Com’era il titolo del primo disco dei Bachi da Pietra? Ah sì, Tornare nella terra. C’era, in quell’espressione, un auspicio ma forse anche un destino, perfettamente in linea con un nome – Bachi da Pietra, appunto – che più materico non si può. E poi c’era (c’è) la musica: le radici piantate nel blues come nel cemento, e lo sguardo oltre, al post-rock, alla psichedelia, ma sempre con un che di primitivo, di barbarico, nelle vene. Di terrestre. Anche l’ultimo album, Quintale, che pure ammiccava ad un sound “nuovo”, più vicino al metal e, a tratti, alla ballata rock: pure quello era un disco “operaio”, analogico, fatto di carne e sangue (malgrado il concept – e qui Giovanni Succi e Bruno Dorella potrebbero arrabbiarsi – fosse il rapporto con il Divino).

Tutto questo per dire che i Bachi non si sono mai veramente allontanati dal proprio bozzolo, e dunque le tracce dell’EP Festivalbug non ha senso considerarle una marcia indietro rispetto al sound di Quintale. Due tracce su tre – Tito Balestra e Madalena – sono state incise durante le stesse session di Quintale, sempre da Giulio Ragno Favero (Il Teatro degli Orrori). La prima, imperniata su un battito sordo su cui s’installa il flow groovy ed hip hop di Succi, vanta le architetture scarne e le atmosfere noir dei Bachi “classici”, sottolineate da qualche tocco di piano: il testo ironizza amaramente sull’italiano medio vanziniano, pieno di soldi e ignorante, citando Pavese e, soprattutto, il titolo di una raccolta di poesie di Tito Balestra (Se hai una montagia di neve, tienila all’ombra).

Madalena, ugualmente ipnotica, è una ballata in odore di blues, dolente e sensuale, condita da un’armonica western. «Piedi nudi nel mosto, moscato fresco d’estate, inverno caldo di rosso / Mani operose quante cose sanno fare»: così il testo, a rivendicare un gusto sincero per le “cose della terra”.

Il terzo brano è Baratto resoconto esatto. È stato registrato da Mattia Coletti, ed è una sorta di “secondo tempo” di Baratto@bachidapietra.com, traccia (presente solo nella versione digitale) di Quintale in cui Succi proponeva uno scambio singolare: chi scarica (illegalmente) la musica dei Bachi può “pagare” offrendo in cambio un oggetto o il proprio mestiere. Anche questa, un’operazione modernissima eppure genuina – ecco l’aggettivo giusto –, un'”anomalia” nel sistema, come tutta la musica di questi due formidabili insetti.

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