I Campi Elisi: dimora per le anime di coloro che in vita furono amati dagli dèi secondo Virgilio, luogo ai confini del mondo in cui i mortali privilegiati vivono per sempre felici per Omero. Quale che sia la versione che preferiate, il luogo rimane comunque d’elezione, non accessibile a tutti. Come l’Elysium di Neill Blomkamp: una stazione spaziale nella quale, nel 2154, vivono i ceti più ricchi, scampati così alla rovina di una Terra sovrappopolata e impoverita. Le masse cercano invano di emigrarvi: la frontiera spaziale è sorvegliata da androidi temibilissimi e senza pietà.
Già con District 9 (2009), Blomkamp aveva fatto della fantascienza un’arma sociale, raccontando della segregazione di un alieno sul pianeta Terra (nel natio Sud Africa, guarda un po’…). Con la sua seconda pellicola (la prima girata negli Elisi cinematografici: Hollywood) mantiene inalterato il sottotesto polemico. Il tasso di spettacolarità è alto, un po’ di retorica affiora, ma è innegabile la forza d’urto della parabola egualitaria e ribelle scritta e inscenata dal regista di Johannesburg.
L’elemento di disturbo, il tramite tra i due mondi che minaccia di far saltare lo status quo, è Max (Matt Damon), un ex ladro d’auto libero sulla parola. Max lavora per alla catena di montaggio della Armadyne Corp., l’azienda che rifornisce di componenti robotici Elysium. Sottoposto ad una serie di radiazioni mortali e desideroso di aiutare Matilda, la figlia di un’amica d’infanzia malata di leucemia, Max progetta di approdare su Elysium: sulla stazione spaziale, infatti, la tecnologia è in grado di curare ogni male. Ad opporsi al suo tentativo, il Segretario Delacourt (Jodie Foster), la quale, con il mercenario psicopatico Kruger (Sharlto Copley), trama in segreto per fare le scarpe al Presidente Patel (Faran Tahir).
In Max, corpo di carne ed esoscheletro d’acciaio (un tipo d’ibridazione cronenberghiana che a Bloomkamp piace), si assommano i tratti della figura cristologica, latrice di un messaggio di uguaglianza. Letteralmente: il suo cervello custodisce un software in grado di manipolare il computer centrale di Elysium e registrare tutti i terrestri come abitanti della stazione spaziale. Ma Max non è il tipo che porga l’altra guancia, e quando serve adopera la violenza. Blomkamp insomma, ne fa l’eroe della rivolta dei popoli oppressi contro un Occidente ipertecnologico e cinico, che brucia risorse, schiavizza e abbandona a se stesso il resto del pianeta.
Blomkamp, dunque, racconta il presente (la camera a mano che fa tanto presa diretta, la Los Angeles del futuro costruita sullo sfondo delle vere baraccopoli messicane): la forza e l’originalità sono minori che in District 9, ma meglio di tanta fantascienza senz’anima à la Oblivion.