David Cronenberg – Crash

È facile che la tragicità di un incidente stradale si imprima per sempre nella coscienza di chi lo subisce, essendo comunemente vissuto come trauma. Non è lo stesso per James Ballard, interpretato da un spaesato James Spader, che in Crash, accompagnato dalla straniante musica di Howard Shore, prende rapidamente consapevolezza di una propria feticistica attrazione verso gli scontri automobilistici, dopo averne subito uno. Il frontale, che coinvolge una donna, la dottoressa Remington (Holly Hunter), stravolge la sua vita sessuale, condivisa con una moglie (Deborah Kara Hunger) dalla passionalità fredda e distaccata, avara di sentimenti: Ballard scopre di provare disinibizione nel vivere l’atto sessuale chiuso nella carcassa della sua macchina sfasciata, assieme alla dottoressa (anch’essa eccitata dopo l’accaduto). È lei a condurlo presso una reclusa comunità di stuntmen e sopravvissuti a scontri automobilistici, inclusa una donna dotata di protesi che sembrano feticci sessuali (Rosanna Arquette). Qui avviene il cruciale incontro con Vaughan (un esaltato ed allucinante Elias Koteas), feticista ricoperto di cicatrici, attuatore di repliche d’incidenti e profeta di un futuro dove la sessualità umana potrebbe essere regolata da impulsi nuovi, egualmente fecondi, ma diretti alla ricerca di esperienze estreme di violenza, mediate dalla tecnologia.

Dopo Pasto nudo, avente la Beat generation come modello, David Cronenberg ora si rivolge ad un autore del postmodernismo, J.G. Ballard, ispirandosi al suo controverso romanzo, Crash, uscito nel 1973. Forse solo un regista come Cronenberg poteva scegliere questo soggetto, di per sé molto “visivo” e sicuramente trasgressivo, senza però mettere in scena un’opera convenzionale di pornografia (cosa che il romanzo non è). L’obiettivo è un altro: si guarda al tema dell’erotismo come base da cui partire per cogliere l’alienazione tra essere umani nella modernità, analizzando il processo di resa asettica dei sentimenti in un contesto di apparenti eccessi. L’attrazione fisica è qui mediata dalla violenza (fornita da uno scontro d’auto per esempio), il primo stadio di una “psicopatologia benevola”, spiega Vaughan a Ballard mostrandogli alcune immagini di note tragedie (elemento presente anche nell’opera La mostra delle atrocità di Ballard scrittore). I personaggi di questo racconto distopico (ma non troppo) non provano nulla, sono gusci vuoti, automi in attesa di essere alimentati da stimoli che hanno origine nel metallo, tra le curve della carrozzeria, prima che nel corpo umano del partner: ogni tamponamento nel film costituisce di fatto una emblematica manifestazione di alienato erotismo.

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