Paolo Sorrentino – La grande bellezza

A due anni da This must be the place, Paolo Sorrentino torna a stupire con La grande bellezza, unico film italiano in concorso alla 66/ma edizione del Festival di Cannes: un grande trattato antropologico, una comédie humaine tutta italiana tanto stupefacente quanto rappresentativa.

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Jep Gambardella (Toni Servillo) si muove in un mondo grottesco che non può non spaventare. È il mondo triste e degradato di una generazione disillusa che chiude gli occhi su se stessa pur di non vedere il vuoto che la stringe. È una generazione che ride, si diverte, balla e vive di una mondanità che è necessaria cecità: la cecità che permette di sopravvivere. «È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore: il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura, gli sparuti, incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile». La grande bellezza è utopia: non-luogo. La grande bellezza, Roma (resa ancor più grande dalla fotografia di Luca Bigazzi), è la scena calcata da un’umanità diversa eppure accomunata da una vita vacua, brutta. La grande bellezza è il passato: un altro non-luogo che la memoria costantemente riesuma. La grande bellezza è Jep a 18 anni, con gli occhi vivi. Ora Jep ne ha 65, di anni: ha lasciato che il vuoto gli entrasse dentro, che gli entrassero dentro la mediocrità di una vita fatta di trenini alle feste, «belli perché non portano da nessuna parte», lo squallore di un’esistenza superficiale, diversa da lui, uomo in realtà sensibile.

Ne La grande bellezza, un film che molta critica ha accostato a La dolce vita di Federico Fellini, la città eterna è sistematicamente contrapposta alla vita che dentro questa città si muove. Quello di Sorrentino è un viaggio in una Roma che resta quasi sospesa in un limbo dantesco, un viaggio «interamente immaginario», come recita la citazione da Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline che apre il film. Un viaggio mosso in avanti prima di tutto da un moto di nostalgia: il desiderio-del-ritorno alla grande bellezza. Jep fruga nella memoria e la trova in un amore, Elisa: la rivuole Jep quella bellezza. Circondato da un mondo brutto, lo stesso mondo che ci circonda tutti, Gambardella si immerge fino in fondo in quella vita, la accetta senza però farsela bastare – e forse è solo questo a salvarlo: «le radici sono importanti», Jep ora lo sa e proprio di lì riparte per cercare (e mostrare) la verità su se stesso e sul mondo.

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