Nel bilancio esistenziale che Mattia Signorini prova a trarre con questo romanzo, non ci si può distaccare dal senso di appartenenza ad un posto, ad uno sguardo a ritroso, a qualcuno a cui ci unisce un sentimento forte, qualsiasi esso sia. Ora è una storia intimamente proiettata nel presente, che di rimbalzo si sposta avanti e indietro, facendoci scoprire la strada che lega il passato al futuro. Riscoprire e ricucire radici si scontra con i turbamenti della memoria, con i ricordi gettati con forza in pasto al lettore, che alla fine della vicenda deve fare i conti con progetti di vita destrutturati e rimodellati, con mutamenti che, partendo dalla rabbia e dalla rivolta, arrivano a soluzioni di estrema stabilità morale.
L’occasione per Ettore, il protagonista, di ricomporre i tasselli della propria vicenda, è il ritorno al suo paese d’origine per svendere la casa dei genitori, scomparsi un anno prima in un incidente stradale. Il ritorno riapre vecchie ferite, obbliga a confrontarsi con il distacco e con le presenze umane ritrovate ancora lì, a dimostrare che alcuni affetti e sentimenti sono solidi, oggi come allora. Ettore si muove tra il richiamo di Claudia, sorella incinta che ha lasciato a Milano e che lo richiama a sé, e il dovere morale di arrivare a trovare il vero senso del suo peregrinare.
Gli anni passati a farsi le stesse domande hanno permesso di vivere il tempo con occhi più adulti, con uno sguardo diverso. E le risposte in questo libro passano molto spesso per certezze disgregate, pregiudizi scardinati, incontri inaspettati che svelano ciò che si cela sotto la superficie delle cose. Il vecchio mondo del paese, rianimandosi, insegna che le persone sono un giardino da coltivare, e che i ricordi vanno custoditi gelosamente, spesso per diventare vero e proprio motore dell’andare avanti con decisione. Sono queste radici tanto ricercate a permettere agli alberi di non essere trascinati via dal vento, dall’acqua.
Così Signorini crea una voce soffice che, muovendosi tra il sogno e la maturità, ci parla con tono a volte limpido e a volte inquieto, ci insegna che niente resta uguale, che il tempo cambia ogni cosa e che esistono tanti tipi di amore, a volte compresi solo molto tempo dopo essersi consumati. Questa voce, combattendo la propria battaglia personale col passato, scuote il presente, l’ora, interrogando sul destino e sul senso di appartenenza di ognuno di noi: «La corrente spingeva verso il largo, ma con un po’ di fortuna poteva riportare a riva la sua piccola barca. Il passato si sarebbe ricongiunto con il presente, e il presente con il futuro che doveva ancora arrivare. Una sfilza intera di attimi. Uno accanto all’altro, ora. Perché alcune persone ce l’hanno scritto dentro il ritorno […] era una di quelle».