Iperborea

Iperborea, cartoline dal nord dell’Europa

Tra gli editori indipendenti italiani, Iperborea occupa un posto di assoluto rilievo. Distintasi sin dagli anni ’80 grazie ad una produzione incentrata esclusivamente sulla narrativa del nord Europa, la casa editrice milanese vanta un catalogo ricco di nomi importanti, autori del calibro di Jón Kalman Stefànsson, Arto Paasilinna, Björn Larsson e Kader Abdolah. Grandi storie, temi universali e umorismo sono i temi principali di queste opere, accomunate da un ottimismo di fondo e da una buona dose di ironia. Con il direttore editoriale Pietro Biancardi, abbiamo ripercorso la storia di Iperborea, ci siamo interrogati sul presente e abbiamo riflettuto sulle sfide future dell’editoria, in un periodo di crisi e grandi trasformazioni tecnologiche.

Iperborea è nata nel 1987, grazie all’attività di tua madre, Emilia Lodigiani, e sin da subito vi siete concentrati su un segmento immediatamente riconoscibile: la letteratura nordeuropea…

Tutto nasce da un lungo soggiorno lavorativo di mio padre in Francia, per cui tutti noi della famiglia ci trasferimmo lì. Mia madre era un’appassionata di letteratura del nord: aveva scritto un libro su Tolkien [Invito alla lettura di Tolkien, pubblicato da Mursia nel 1982, n.d.r.], ne stava preparando uno su Karen Blixen. Però non aveva competenze specifiche nel settore editoriale: faceva la giornalista, lavorava all’università, non le era mai venuto in mente di cimentarsi con la pubblicazione di libri. Tornati in Italia, però, si rese conto che da noi, a parte i classici Strindberg, Ibsen e via di seguito, era praticamente impossibile trovare le opere degli autori contemporanei del nord Europa. Da lì, la decisione di mettere in piedi Iperborea. All’inizio, quando andava dai più grandi agenti letterari o editori europei a chiedere i loro autori principali, era piena di timore reverenziale, perché erano i suoi primi passi in quel mondo. Però l’accoglienza fu positiva: «finalmente qualcuno dall’Italia», le dicevano…

Se dovessi definire il tratto peculiare di questa letteratura e, nello specifico, di quella che pubblicate voi?

Be’, è ovviamente difficile trovare una specificità comune ad un’intera area culturale. Per quanto riguarda le nostre pubblicazioni, noi facciamo una selezione al di là della questione geografica o linguistica. Nel nostro caso, a guidarci è il gusto: ad Iperborea pubblichiamo solo quello che ci entusiasma. Quello che cerchiamo nei libri sono grandi storie, grandi narrazioni – che è poi, questa, una specificità della letteratura nordica, che deriva direttamente dalla tradizione delle saghe. Un’altra caratteristica è il fatto che questa letteratura non ha paura di affrontare grandi temi universali: la morte, il bene, il male, la spiritualità, Dio. C’è, in questa letteratura, una forte tensione a capire chi siamo e dove andiamo. Non mancano, poi, elementi di critica sociale, perché sebbene noi siamo abituati a considerare, ad esempio, la Svezia come una società moderna sotto tutti i punti di vista (parità dei sessi, alfabetizzazione, diritti umani e quant’altro), la letteratura è comunque molto critica, a testimonianza di una società che non smette mai di interrogare se stessa. E poi c’è l’umorismo, e basta leggere Arto Paasilinna o Erlend Loe per rendersi conto di quanto sia importante.

 

A proposito di grandi temi e grandi narrazioni, tra le cose che avete pubblicato di recente c’è La tristezza degli angeli di Jón Kalman Stefànsson, secondo capitolo di una trilogia iniziata con Paradiso e inferno e in procinto di essere conclusa…

Sì, Stefànsson il terzo libro l’ha finito: in Islanda è già uscito, noi lo stiamo traducendo, ma prima pubblicheremo il libro precedente a Paradiso e inferno. Si intitola Luci d’estate, ed è subito sera, ed arriverà in libreria a giugno. Il terzo capitolo della trilogia, invece, uscirà nel 2014 e s’intitolerà Il cuore dell’uomo, con protagonista ancora il ragazzo dei precedenti due. Stefànsson è stata una bellissima scoperta: sta avendo un sacco di successo e sta racimolando premi e riconoscimenti in tutto il mondo. A proposito di specificità, una delle sue, al di là della prosa incantevole, è sicuramente questa fiducia incrollabile nel potere della parola, della letteratura, che sono, poi, i tratti distintivi dell’umanità al suo meglio. Una sorta di ottimismo di fondo, insomma, tra l’altro anche uno dei temi ricorrenti delle nostre pubblicazioni…

Mi pare di capire che voi non abbiate mai avvertito l’esigenza di allargarvi ad altri settori, tipo la letteratura nordamericana…

No, mi pare che di letteratura americana se ne occupino fior fiori di editori, che fanno un ottimo lavoro, e non penso ci sia bisogno di Iperborea nel settore. Al contrario, il nostro obiettivo è non solo promuovere letteratura, ma anche la cultura del nord Europa, quindi “specializzarci” ancora di più. Quello che vogliamo fare e che, in parte, stiamo in già facendo, è organizzare festival tematici, dedicati ogni anno ad uno specifico paese. Nel 2009 abbiamo organizzato Caffè Amsterdam, l’anno scorso, Caffè Copenaghen; quest’anno, dal 20 al 26 maggio, a Milano, ci sarà Caffè Stoccolma. Per l’occasione, inviteremo cinque autori (non solo nostri, anche di case editrici), proporremo una selezione di film contemporanei svedesi, di quelli che non hanno trovato distribuzione al cinema (probabilmente anche di Eat sleep die, di Gabriela Pichler, premio Rarovideo della Settimana della critica a Venezia 2012). Ci saranno poi il teatro, seminari sulla traduzione e approfondimenti di politica e letteratura, tenuti dai nostri collaboratori. Organizzeremo anche un corso di lingua svedese, aperto a tutti. Tra l’altro, qui da noi già ne facciamo, e stanno avendo un buon successo…

Parlavamo prima di cura del prodotto editoriale, ed una cosa che salta all’occhio, nel vostro caso, è il formato, alto e stretto, sicuramente non standard rispetto alle altre edizioni. Poi ci sono le copertine, anch’esse molto curate. Una scelta ben precisa, mi pare…

Assolutamente, è una scelta precisa, fatta 25 anni fa, che ha estimatori e detrattori (non suscita sentimenti intermedi). Per quanto riguarda il formato, nello specifico, sin dall’inizio l’idea era quella di proporre qualcosa di diverso, che potesse essere notato anche in libreria. Non solo: negli anni ’80, quando abbiamo cominciato, prima che arrivasse Lonely Planet a cambiare tutto, le guide di viaggio avevano questa impostazione, e dunque ci piaceva suggerire l’idea di una lettura come esplorazione, come viaggio. Inoltre, il formato 10 x 20 è quello dell’antico mattone di cotto, fatto per essere trasportato comodamente a mano: il significato simbolico è legato al libro come oggetto di costruzione di un’identità. Riguardo le copertine, scegliamo solo pittori o fotografi nordici, ritratti di paesaggi – cerchiamo, insomma, di essere filologici.

Parliamo dell’editoria nell’ultimo anno. Recentemente, a «Più libri più liberi», sono stati resi noti i dati Nielsen relativi al 2012. Ad ottobre, il segno del mercato era negativo (-7.5% a valore). Pare che si sia stata una ripresa rispetto al mese di marzo, però la situazione è comunque di difficoltà. Dal vostro punto di vista, come è andato il 2012? E per il 2013 ci sono buone prospettive?

E davvero difficile fare previsioni, perché il mercato libri è ovviamente inserito in un contesto economico più ampio, quello del nostro paese, quindi sarebbe più giusto rivolgere una domanda del genere a Monti o a Draghi [ride, n.d.r.]. Scherzi a parte, noi rimaniamo ottimisti: anche quest’anno abbiamo chiuso col segno più. Di poco, certo, ma visti i tempi… Nel 2013, avremo un libro in uscita per ciascuno dei quattro autori più famosi, Björn Larsson, Arto Paasilinna, Stefansson e Kader Abdolah. In più, due esordienti, un finlandese e una olandese, che hanno, secondo me, ottime chances. Certo, bisognerà lavorare tanto, ma siamo fiduciosi.

Per quanto riguarda gli e-book? In italia, contrariamente agli USA, in cui su Amazon si vendono più libri digitali che cartacei, il fenomeno è ancora piccolo in proporzione al mercato (lo 0,1%, secondo Nielsen). Voi negli e-book ci credete, vi piacciono?

Le novità di Iperborea, ormai, escono tutte sia in cartaceo che in e-book. Stiamo facendo un recupero anche del nostro catalogo: chiaramente ci vorrà un po’, sia per motivi di contratti editoriali, sia perché non è facile reperire file digitali di libri pubblicati vent’anni fa. E poi, la riconversione in e-book di per se non è semplice: noi le cose preferiamo farle bene, per questo ci prendiamo il tempo che ci serve. Poi, se mi chiedi se preferisco l’e-book al cartaceo, ti dico che a me, personalmente, i libri piacciono molto di più. Però, anche qui è questione di specificità, sia di formato che di uso: l’e-book ha caratteristiche sue, diverse da libro, e per certe cose può funzionare bene. Non a caso, stiamo progettando una collana esclusivamente in e-book, dedicata a testi brevi…

E la politica? L’anno scorso è stata approvata la legge sul prezzo del libro, che limita gli sconti. In realtà, il testo approvato è molto diverso da quello che voi, assieme agli altri editori di Mulini a Vento e ad altre centinaia di case editrici e librerie indipendenti, chiedevate. A distanza di tempo, la legge ha prodotto dei risultati?

Con i Mulini a Vento e gli altri editori e librai indipendenti che, con noi, hanno firmato un appello per una legge sul prezzo dei libri, non volevamo mica inventare l’acqua calda. Volevamo che si guardasse a quello che accade in paesi più civilizzati del nostro (Francia, Olanda, Germania, Spagna), in cui viene riconosciuta una centralità e un’importanza al libro e al pluralismo. Vietare gli sconti può sembrare un paradosso al lettore, ma è semplicemente un modo per spostare la concorrenza dal prezzo del rivenditore a quello applicato dall’editore. In questo modo, le librerie indipendenti possono competere con le grosse catene e gli store online, con tutte le ricadute che questo comporta sul piano del pluralismo editoriale. Una legge per il libro non toglie la concorrenza, ma mette tutti sulle stesse condizioni di partenza. Quella che è stata approvata in Italia è molto annacquata rispetto alle nostre richieste: pone un limite di sconto del 15%, ma prevede anche tutta una serie di eccezioni, quindi, di fatto, chi entra oggi in una libreria neppure si rende conto che esiste una legge del genere, perché è un continuo susseguirsi di campagne promozionali. Ad ogni modo, il prezzo medio del libro si è ridotto. Certo, è difficile dire se dipenda solo dalla legge e non, per esempio, da altri fenomeni legati alla crisi…

C’è qualcos’altro che la politica potrebbe fare per favorire il consumo di libri e la lettura?

Sono molti i modi in cui lo stato potrebbe intervenire: bisognerebbe investire sulla lettura dei ragazzi, dei bambini, degli studenti, sull’università, le biblioteche. È importante, perché la lettura è un indicatore di civiltà. Basta vedere quello che accade nel nord Europa, dove ci sono tassi di lettura del 90%, contro il 40-45% dell’Italia: non è un caso che li ci siano indici di giustizia e democrazia più alti.

In conclusione, quant’è difficile e gratificante avere oggi una casa editrice?

È molto difficile e molto gratificante al tempo stesso. È molto difficile perché è un lavoro che si fa per passione: se pensi di fare i soldi con l’editoria, hai fatto male i conti. Poi però ci sono le soddisfazioni, che vengono, per esempio, quando trovi un libro bellissimo, dietro il quale scopri un autore fantastico, e riesci a farne un successo, come nel caso di Stefansson: i suoi sono libri che, quando li leggi e li pubblichi, ti rendono contento di fare questo mestiere. I primi due volumi della trilogia hanno avuto un grandissimo successo. L’abbiamo invitato in Italia più volte, l’ultima è stata al Festivaletteratura di Mantova. Io ho avuto la fortuna di trascorrere con lui una settimana per il tour promozionale, in macchina, ed è stata una di quelle esperienze che ti rendono consapevole di fare un bel mestiere, e che ti fanno superare le difficoltà di fine mese, quando magari guardi i rendiconti… [ride, n.d.r.]

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