John Carpenter – Christine. La macchina infernale

La “Christine” citata nel titolo del film di John Carpenter è una macchina, “infernale” perché assetata di sangue. Comincia infatti a ferire e uccidere quand’è ancora “in fasce”, per così dire: nel 1957, nella catena di montaggio, a Detroit, schiaccia le dita di un operaio intrappolandogliele nel cofano, poi soffoca con i fumi di scarico un altro meccanico, reo di aver fatto cadere sulla pelle dei sedili un po’ di cenere di sigaro.

Ventuno anni dopo, Arnie la vede, malconcia e semi-abbandonata nel cortile di una vecchia casa, e se ne innamora. La compra malgrado il suo migliore amico, Dennis, cerchi di dissuaderlo: c’è qualcosa di strano nel proprietario, e poi è messa davvero male, tanto da non valere forse neppure un centone. Arnie, però, è irremovibile. Non solo: lentamente, la rimette a nuovo, pezzo dopo pezzo, riportandola all’antico splendore. Allo stesso tempo, si fa largo in lui l’ossessione: ama la macchina sopra ogni cosa, le parla e la vezzeggia come fosse una bella donna, trascurando persino la sua ragazza, Leigh, la più desiderata della scuola. Da sfigato e impopolare, il protagonista si trasforma in un duro, una specie di piccolo James Dean (il giubbotto rosso è quello di Gioventù bruciata). E quando i bulli che fino all’altro ieri lo perseguitavano, finiscono male uno dopo l’altro, Dennis e Leigh capiscono che qualcosa non va: è Christine, che reclama il suo tributo di sangue.

Nella filmografia di Carpenter, La macchina infernale occupa indubbiamente un posto minore. Per quanto ben diretto, latita di quella potenza narrativo-visiva del miglior cinema dell’americano (1997: fuga da New York, La Cosa, Il seme della follia). Christine si accontenta, insomma, di trasporre in modo fedele l’omonimo romanzo di Stephen King a cui s’ispira; eppure, reca inequivocabilmente la firma del regista. Arnie è il tipico eroe “contro” di Carpenter, figlio dei vari Snake e MacReady, che mal sopporta l’apparato sociale e le regole. Nel finale, viene sconfitto dai “conformisti” Dennis e Leigh (campione di sport lui, secchiona lei): «quanto odio il rock’n’roll» esclama la ragazza, dopo aver scoperto, con sollievo, che la musica che sente non proviene dalla radio di Christine (ormai ridotta ad un cubetto di lamiere) ma dallo stereo di un meccanico. Carpenter, però, si prende la rivincita in extremis, sui titoli di coda: stacco, ed ecco scorrere i credits con in sottofondo un bel blues elettrico. Come a dire: il male non muore mai (il rock’n’roll è il leit-motive di Christine, la cui radio trasmette solo vecchi classici), così come non muoiono mai la rivolta, la ribellione alle regole, al perbenismo buonista e ottuso della borghesia.

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