Gus Van Sant – Belli e dannati

Mike Waters è un eroe e nello stesso tempo un antieroe, uno di quei personaggi ai margini della società che Gus Van Sant ama tanto ritrarre nei suoi film. Belli e dannati (pessima traduzione italiana di My own private Idaho) è forse uno degli esperimenti più riusciti del regista di Portland: tutto è impeccabile, a partire dagli attori protagonisti, un bravo Keanu Reeves e uno strepitoso River Phoenixla cui breve carriera fu stroncata la notte di Halloween del 1993 per un’overdose di speedball.

Il film esce nel 1991 e fonde tre diversi soggetti: il primo trae spunto da un documentario sulla quotidianità dei ragazzi di strada a Portland; il secondo dall’Enrico IV di Shakespeare, nella versione cinematografica di Orson WellesFalstaff  (1965); infine, entra in gioco anche una storia che tratta il delicato tema della narcolessia.

Scott Favor è una rivisitazione in chiave moderna della figura del principe Hal. È il figlio del sindaco di Portland: una mattina si alza e decide di andare a vivere per strada, in segno di ribellione contro l’autorità paterna e spinto dal desiderio di conoscere il mondo anche nei suoi aspetti meno nobili. Tutto questo affiancato dal suo mentore e padre putativo, Bob Pigeon, e dall’amico narcolettico Mike (Phoenix ha definito il suo tramp, in chiave queer, una sorta di Stroszek di Herzog ma «a differenza di lui che beve, Mike dorme»).

L’“Idaho personale” appartiene proprio a quest’ultimo, ed è composto da una strada – che non ha mai fine -, da una casetta di legno e da spazi sconfinati. Mike è tormentato dal ricordo della madre, di cui non ha notizie da anni, un pensiero che lo spinge a un disperato viaggio in Italia, inseguendo gli improbabili spostamenti della donna. Scott lo accompagna e rimane con lui finché non riceve la notizia della morte del ricco padre. A quel punto ritorna negli Stati Uniti, per reclamare la sua parte di eredità.

Mike è il personaggio più sfortunato della storia, ma anche l’unico a uscirne moralmente integro. Alla fine, Scott rimarrà imprigionato nello stesso microcosmo dal quale aveva cercato un’emancipazione. Al contrario per Mike il viaggio sembra non avere mai termine, come quella infinita strada desertica che apre e chiude la pellicola, un’entità quasi viva che domina e inghiotte i protagonisti di questo splendido road movie.

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie