The View – Cheeky for a reason

Non si capisce esattamente per quale motivo, ma i The View sono stati considerati, seppure per un momento, una freschissima realtà musicale dell’universo indie. Misteri della stampa britannica. Ora il passare del tempo sembra aver leggermente incrinato i giudizi entusiastici sul conto di Kyle Falconer e soci. La band pare aver perso l’attenzione dei media, al punto tale che questa quarta fatica del combo scozzese, Cheeky for a reason, è stata pubblicata quasi sotto silenzio, lontano dal chiacchiericcio del settore.

Le danze si aprono nel peggiore dei modi con How long, un motivetto West Coast con tanto di coretti alla Beach Boys, ma con una spruzzata di chitarre indie a fare capolino nel ritornello. Ab (We need treatment) e Anfield Row sembrano canzoni senza troppa ambizione e con una devozione totale ai clichè del genere. Meglio, invece, fa Hold on now, primo singolo estratto dal full-leght, che accenna una nenia un po’ Belle & Sebastian e un po’ The Kooks, con il giusto piglio disimpegnato ed una cadenza ritmica vagamente beatlesiana. Una buona dose di professionalità e qualche pezzo ben scritto (la chitarristica The clock, ad esempio) non sono sufficienti però a risollevare le sorti dell’LP: nel complesso la tracklist offre tanta melodia facilotta ed uno stucchevole appeal adolescenziale (Bunker e Hole in the bed). Insomma, una band al quarto album dovrebbe avere una visione più matura ed impegnata della propria musica, e non abbandonarsi sempre alle solite ingenue atmosfere da party.

Dal punto di vista compositivo, la costante è il volver ricreare la potenza “rock” accanto a melodie facilmente cantabili, una formula che tuttavia ha già visto protagoniste numerose formazioni. Detto altrimenti, i The View vorrebbero essere gli Arctic Monkeys, ma tra le loro fila non c’è un Alex Turner che sappia condurre il gioco. Manca poi il tocco di un produttore illuminato e un po’ fuori dagli schemi, come poteva essere Mick Jones dei Clash per le release dei Libertines, in grado di trarre da un songwriting tutto sommato piacevole ma nient’affato geniale la scintilla seducente del divertimento.

In sintesi, il problema di Cheeky for a reason è l’assoluta ordinarietà della proposta musicale. Non ci sono plateali cadute in termini di qualità, ma neppure scosse. Difficile stabilire in quanti si ricorderanno di un disco così, ma se questi sono i nuovi discepoli del brit-pop, molto meglio tuffarsi a capo fitto in un qualsiasi album di Paul Weller.

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