Sam Mendes – American beauty

Lester Burnham: un uomo come tanti altri, con una vita come tante altre. È sposato con Carolyn, un’ambiziosa agente immobiliare, e padre di Jane, una sedicenne complessata e insofferente nei confronti della famiglia. Jane è molto amica dell’affascinante Angela, per la quale Lester prende una bella sbandata, sognandola immersa in un bagno di petali di rose rosse. Nel frattempo, Jane s’innamora di Ricky, figlio dei nuovi vicini dei Burnham, che si mantiene spacciando marijuana all’insaputa del padre Frank Fitts, un ex militare in pensione.

Il film di Sam Mendes è una splendida riflessione sulla bellezza – celebrata dal titolo stesso della pellicola -, intesa come liberazione dalle proprie paure e frustrazioni e rifiuto, da parte del protagonista, di una vita che non gli appartiene e non lo soddisfa. È la voglia di apparire, di ordine, di successo e di bellezza artificiale, a imprigionare i personaggi di American beauty all’interno degli schemi tradizionali tipici del ceto medio americano, soffocandone le aspirazioni, il desiderio di libertà (prima di tutto sessuale), un microcosmo in cui manie e fissazioni prendono il sopravvento sulla spontaneità. Anche se a tratti la cosa assume un po’ i contorni di una crisi di mezza età, Lester è comunque l’unico carattere che riesce a emanciparsi dall’asfissiante routine famigliare e lavorativa. Ricky rappresenta un’eccezione solo in parte, in quanto egli è sempre stato un emarginato e ha imparato a convivere con la sua condizione: l’unico cambiamento nella sua vita è rappresentato dall’amore per Jane, ma non ci è dato sapere se questo sentimento sia destinato o meno a durare.

Quello che ritrae Mendes è un quadro un po’ triste del sogno americano, una sorta di presente universo nabokoviano, in cui tutti badano bene a recitare il loro ruolo e a nascondere le discrepanze sotto una falsa patina di perbenismo. Ma se il film parla soprattutto di bellezza, il finale non poteva che riflettere ancora una volta su di essa, perché per quanto il mondo possa apparire brutto, e la gente mediocre e meschina, si è circondati da così tanta bellezza – insita nelle piccole cose che troppo spesso non notiamo – che ci colpisce con tale forza e tale intensità da farci capire che non possiamo essere costantemente arrabbiati, frustrati o depressi. Quando giungiamo a questa consapevolezza, ci rilassiamo e permettiamo alla bellezza di entrare nel nostro mondo, di dominarlo. È quello che accade anche a Lester Burnham, il quale alla fine non può far altro che provare gratitudine per ogni singolo momento della sua «stupida, piccola vita».

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