John Brandon – Dark Florida

Dark Florida è uno di quei romanzi che hanno pressappoco l’effetto di un pugno nello stomaco.

Tanto per cominciare, chi intende leggerlo farebbe bene a non lasciarsi condizionare dal titolo, mettendo da parte le suggestioni cinematografiche e televisive, nonché le immagini che rappresentano una Florida solare, terra di spiagge infinite, di parchi divertimento mondiali, di vacanze alla moda e surfisti. Per quanto l’immaginario hollywoodiano ci rimandi quasi sempre un mondo da cartolina, ambientazione perfetta di quel “sogno americano” che alimenta le speranze di moltissimi giovani americani e non, esiste anche un’altra America, un’altra faccia degli Stati Uniti.

Una faccia che non splende, che resta sempre in ombra, ma che forse proprio per questo è la più vera, la più intensa e malinconica. In questo romanzo di John Brandon, l’America delle periferie viene rappresentata dalla Florida dell’entroterra più selvaggio, quello dell’anonima e triste contea di Citrus, dove non ci sono né spiagge né divertimenti, perché a farla da padrone è la natura indomita e caotica, intervallata da piccoli agglomerati urbani dove la gente non ha nulla da fare, ma soprattutto nulla da sognare. Le speranze vengono soffocate sul nascere dalla noia, il mondo patinato del cinema, delle mille opportunità e delle belle speranze è lontano come se si trovasse su un altro pianeta, offuscato da una vita fatta di stenti e umiliazioni, prevedibile routine e cattive intenzioni mai messe in atto. In un ambiente così desolato, privo di opportunità, che risucchia i giovani come implacabili sabbie mobili, è impossibile non coltivare rancori e frustrazione, com’è impossibile trovare un senso alle giornate che trascorrono tutte uguali, grigie e monotone.

John Brandon è bravissimo nel rendere alla perfezione lo stato d’animo di profonda inquietudine che accomuna i protagonisti, pur diversissimi tra loro: Toby McNurse, quattordicenne confuso e pieno di problemi, dal triste passato, che convive con uno zio sociopatico e anaffettivo, costantemente sul punto di suicidarsi; Shelby Register, ragazzina seria, intelligente e appassionata, che si è appena trasferita in Florida con il padre e la sorellina di quattro anni, e poi il professor Himba, ex giovane di belle speranze che a soli trent’anni si sente finito, fallito sia come professore che come uomo, incapace di dedicarsi davvero al mestiere di professore ma al contempo troppo vigliacco rifarsi una vita altrove, per fare qualcosa di importante che dia finalmente un senso, una svolta alla sua apatica esistenza.

L’insofferenza di Himba è presente in fase embrionale nei suoi alunni, soprattutto in Toby, considerato da tutti, professori e compagni, il classico teppistello di provincia dall’adolescenza turbolenta, il “bullo” di cui Shelby s’invaghisce quasi subito e che desidera, se non redimere, quanto meno addomesticare ai propri desideri e alle personali aspettative sull’amore. Quello che nessuno ha capito, tuttavia, è che Toby è molto diverso da ciò che appare, soprattutto è molto più di un semplice bullo, e il suo ostinato silenzio cela pensieri d’inaudita gravità, che il ragazzo non tarderà a mettere in pratica, seminando il panico nella contea di Citrus, dove la popolazione ottusa stenta a riconoscere e a distinguere il bene e il male, così come stenta a farsi carico dei problemi altrui, occupata com’è a proseguire e contemplare giornate sempre uguali, la cui apparente normalità è l’unico appiglio cui aggrapparsi per non impazzire, per non farsi travolgere dal non-senso di tutto ciò che li circonda.

Incantevolmente malinconica, scrittura di Brandon è pervasa da un crudo realismo che affascina e terrorizza il lettore, testimone di una vicenda agghiacciante nella sua banalità, a testimonianza di come il male non sia necessariamente frutto di una mente e di una fantasia perversa, grottesca e malata, bensì il più delle volte esso abiti accanto a noi, anonimo e ignorato, tragicamente sottovalutato.

Dark Florida rappresenta un impeccabile affresco dell’adolescenza dei giorni nostri, sullo sfondo di un’America da incorniciare, cartolina sbiadita di una terra lontana e perduta, dove i sogni sono solo chimere; un romanzo bianco e nero, foriero di luce e d’ombra, che getta uno sguardo sull’incapacità di esistere e di esprimersi, nonché, soprattutto di dare un senso a vite che senso sembra non ne abbiano.

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