Emanuele Crialese – Terraferma

Tutto inizia e muore nella profondità del mare che tace e conserva corpi stranieri gettati nell’abbandono della paura del diverso. Crialese parte proprio dal fondo del mare per risalire fino alla terra. La fotografia riannoda con cura, come un leggero Respiro, il tema della migrazione, della paura degli italiani e dell’Italia impreparata all’Altro e al loro disperato tentativo di “salvarsi” fuori e dentro l’acqua. Con Nuovomondo (2006) il regista italiano è riuscito a riportare in vita il ricordo dell’essere migrante (centro di prima accoglienza: Ellis Island), mentre con Terraferma recupera le ferite dell’immigrazione e delle politiche migratorie dei giorni nostri.

Linosa, è la terra del sud dove d’estate i turisti affollano le spiagge e il mare ballando al ritmo di Maracaibo e si stordiscono di aperitivi. I vecchi pescatori al largo delle coste siciliane invece affrontano ogni giorno in prima persona il problema degli sbarchi e del soccorso in mare dei migranti. Essi non abbandonano il mestiere e la legge del mare e della salvezza. Non si può derogare il codice di soccorso e solidarietà come ci insegna Ernesto (Mimmo Cuticchio), settantenne testardo e burbero che vuole continuare per la sua strada, anche per non far demolire il peschereccio del figlio scomparso in mare. La seconda generazione di pescatori invece sembra avere altri punti di riferimento. Il figlio Nino (Giuseppe Fiorello) non è altro che uno showman che punta tutto sul turismo e vede i clandestini come una minaccia ai propri affari. La cognata Giulietta (Donatella Finocchiaro) invece da un lato vorrebbe essere solidale con i clandestini, fino ad ospitare i superstiti salvati da Ernesto, ma dall’altro teme le conseguenze illegali per tutta la sua famiglia. È proprio Giulietta ad essere la vera protagonista del film, consapevole dei mutamenti sociali e pronta a fuggire lontano, determinata a cambiare per sempre la sua vita con quella di suo figlio Filippo (Filippo Pucillo). I toni di Terraferma sono quelli di una narrazione verista, ma che rischia spesso di cadere nella retorica delle affettazioni stereotipate. I personaggi costruiti da Crialese sono complessi e ritratti con vivido realismo. Durante una battuta di pesca Ernesto e Filippo prestano soccorso ad alcuni immigrati che rischiano di affogare. Tra di loro è presente anche una donna gravida ed il suo figlioletto. In nome della “legge del mare” Ernesto decide di dare asilo alla donna, che partorisce in casa la stessa notte e Giulietta si lascia all’atto dell’amore materno, nonostante i primi segnali di distacco e di paura. Il giorno seguente iniziano anche i problemi con la guardia di finanza che sequestra ad Ernesto la barca, con l’accusa di aver aiutato alcuni immigrati. Anche le stesse forze dell’ordine, carabinieri e finanzieri (il cui comandante è interpretato da Claudio Santamaria) rappresentano una metafora di uno Stato “repressivo” e assente “moralmente”. La scena che spezza il film e cambia radicalmente lo stato d’animo di Filippo è l’uscita di notte in mare con una turista milanese. Nel giro notturno in barca (presa “in prestito”) si ritrovano in mezzo a dei naufraghi in cerca di una salvezza, preso dalla paura Filippo scappa. La fotografia eleva a rassegnazione le figure dei migranti trovati morti o in fin dei vita in spiaggia, trascinati come sacchi vuoti verso la possibilità di salvezza e verso un “mondo nuovo”. Crialese scrosta, attraverso la rabbia di Filippo, quel velo sottile di rassegnazione verso un grido di libertà, in una corsa clandestina verso una “vita nuova” e sconosciuta. Filippo ritrae quell’amalgama di crudeltà e candore che trova la strada per la “terraferma”, ma ignaro se il mare consumerà la sua “barca” liberata dal blocco repressivo dello Stato oppure la tempesta l’affonderà. Il regista siciliano traccia una geografia dei corpi toccando con sensibilità profonda lo spettatore, ma il tema dell’immigrazione rimane quasi sempre in superficie e spesso scivola a malincuore in una retorica facile, che rende l’opera del bravo Crialese una storia come tante, ma candidato all’Oscar. Due condizioni che rendono il film arenato su una “terraferma”, ma con coraggio cerca di andare verso il mare incontro alla “salvezza” dell’Altro.

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie