Irène Némirovsky Il vino della solitudine

Irène Némirovsky – Il vino della solitudine

Uscito per Adelphi, Il vino della solitudine di Irène Némirovsky è probabilmente il più bello – oltre che il più autobiografico – dei libri della scrittrice ucraina, naturalizzata francese.

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La trama

La storia della piccola e originale Hélène, infatti, ricalca in maniera pressoché perfetta l’adolescenza di Irène, nata in una ricca famiglia dell’alta borghesia ebrea: come il padre di Hélène, anche suo padre era un banchiere dedito ad affari non sempre limpidi e completamente in balia della sua passione per il gioco d’azzardo, amatissimo dalla figlia ma del tutto incapace di mostrarle affetto. Per lui, la bambina era né più né meno che una bestiolina domestica, cui riservare quell’affetto semplice e indifferente che non può in alcun modo far fronte ai bisogni emotivi di una ragazzina che si va facendo donna.

E che dire poi della madre di Hèlene, Bella, ritratto fedele di quella Fanny Némirowsky odiata e temuta, una donna che secondo la scrittrice non sarebbe mai dovuta diventare madre, perché completamente priva del più elementare istinto materno, capace di amare solo se stessa? O di Madamoiselle Rose, la fedele e malinconica istitutrice francese, che ricorda la governante tanto amata dalla piccola Irène, colei che le insegnò il francese e le fece amare la Francia al punto che la scrittrice la considerò sempre la sua vera patria?

In questo romanzo l’adolescenza di Hélène e quella di Fanny si sovrappongono e si confondono, a tratti quasi esplodono nella stessa infelicità, nella terribile solitudine e in quel senso d’inadeguatezza che accompagnano per tutta la vita chi non ha goduto di un’infanzia felice. «Un’infanzia infelice è qualcosa da cui non si guarisce mai» era solita dire Irène Némirovsky. Leggendo questo romanzo non è difficile capire il perché.

Il vino della solitudine – La recensione

Davvero magistrale è il ritratto che la scrittrice fa della famiglia di Hélène – che poi è anche la sua – e soprattutto del non-rapporto tra madre e figlia, inficiato da quello che per Freud sarebbe una sorta di “complesso di Elettra” elevato all’ennesima potenza. Quale bambina, infatti, non prova inconsciamente un leggero senso d’invidia e stizza nei confronti della bellezza materna, dei trucchi e dei vestiti di una donna, delle armi che possiede per affascinare e sedurre? Quale bambina non è possessiva nei confronti del proprio papà, del quale desidera tutte le carezze e le attenzioni per sé, provando per questo una colpevole ostilità nei confronti della madre? Credo di non dire nulla di nuovo, e forse lo stesso romanzo della Némirovsky non direbbe nulla di nuovo, se davvero si esaurisse tutto qui.

Ma il rapporto tra Hélène e sua madre Bella va oltre in molti sensi. Bella è l’emblema di una donna la cui massima aspirazione non è essere madre e moglie – chissà perché, invece, fin dalla notte dei tempi si da per scontano che tutte le donne vogliano la stessa cosa – bensì una donna che vuol essere solo sé stessa, per sempre: donna amata, corteggiata, capricciosa ed egocentrica. Hélène è la figlia non voluta, non amata né considerata, se non come intralcio alla vita sognata. E l’odio di Hélène verso la madre è puro, intenso, scevro da qualsivoglia ipocrisia: colpisce il lettore come uno schiaffo, perché se è vero che i sentimenti di un’adolescente sono generalmente esasperati, assoluti, è anche vero che sono i più sinceri, prima che la maturità ci induca ad ammantare di ipocrisia le realtà che non ci piacciono, per renderle più sopportabili, per convivere meglio con il loro ricordo. Ma il ricordo della madre Fanny segnò profondamente Iréne, com’è evidente dai temi ricorrenti nella sua produzione, e, seppur diluito dal senso di colpa, il suo odio per quella donna cieca alle sue esigenze, fredda e indifferente, traspare più che mai in quest’opera.

Il vino della solitudine è un’opera certamente catartica, ma soprattutto un’opera in grado di scavare profondamente nell’animo di un’adolescente, capace come poche di narrare l’assoluta verità del complesso rapporto tra madre e figlia, che poi sta alla base di qualsiasi futuro rapporto tra donne.

copertina
Autore
Irène Nemirovsky
Casa editrice
Adelphi
Anno
2011
Genere
Narrativa
Formato
Brossura
Pagine
245
ISBN
9788845925665
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